Regia di Greg McLean vedi scheda film
Nella sua incursione americana, dopo due pellicole “urbane”, se vogliamo chiamarle così (The Darkness, 2016; The Belko Experiment, 2016), Greg McLean torna nel su territorio più congeniale: la natura selvaggia. Con Jungle, il regista ci porta nella Colombia degli anni Ottanta quando, sulla scia ereditata dai seventies, molti ragazzi giravano il mondo come nullafacenti per desiderio di scoperta, di trasgressione, di opposizione alla quieta vita domestica. Rifuggono il denaro, le comodità, le relazioni stabili e il mondo occidentale civilizzato. All’alba dell’epoca dell’edonismo e degli yuppies, tra 1980 e 1981, tre giovani globetrotter, un israeliano, un americano e un tedesco, seguono un solitario esploratore per entrare nel cuore inesplorato della Colombia. Esplorazione che rivive anche in El abrazo de la serpiente (Ciro Guerra, 2015) e in The Lost City of Z (James Gray, 2016), formando un curioso trittico cronologico.
Se con Jungle McLean torna nel suo territorio più congeniale, si discosta però dal suo genere di riferimento, dalla modulazione narrativa e dall’estetica che lo contraddistinguono. Innanzitutto, non è un film horror, ma un vero e proprio wilderness drama. Secondo, non è costruito sulla modulazione di uno slasher o di un animal attack movie, bensì sulla traiettoria narrativa di un survival. Infine, non concede allo sguardo spettoriale affondi brutali, giusto qualche effetto splatter e stomachevole; per il resto è pura avventura nella natura selvaggia.
Come tutti i film di uomini isolati in un ambiente ostile, naturale come artificiale – vedi trapped movie come Wrecked (Michael Greenspan, 2010) e Detour (William Dickerson, 2013) – per allungare un’azione a corto di idee si diluisce il tutto con inserti onirici o allucinatori che non ho mai gradito perché staccano dalla realtà dell’azione principale e interrompono l’empatia wild con il protagonista e la pellicola. Lo stesso purtroppo succede anche in 127 Hours (Danny Boyle, 2010) e proprio come in Jungle, le allucinazioni del protagonista interrompono un flusso positivo e magnetico, attratto dalla virilità della situazione, che se restasse intatto aiuterebbe ogni film di genere ad ottenere una resa finale di molto superiore. Nonostante questo, Jungle è un film godibile, con un pizzico di animal attack movie che a Greg McLean tanto piace – qui, ovviamente, un giaguaro quasi spettrale – e qualche tensione omoerotica tra i tre personaggi maschili, tra cui, purtroppo, anche Daniel Radcliffe che, a mio parere, non è e non sarà mai incisivo come corpo attoriale.
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