Regia di Andres Muschietti vedi scheda film
Una smaccata operazione commerciale, ma ben fatta.
A 27 anni esatti dalla miniserie uscita nel 1990, It è tornato e questa volta non punta solo alla tenera carne dei bambini ma anche al portafoglio degli adolescenti. Alzi la mano chi crede che il successo commerciale di questo film sia un puro caso e un miracolo dovuto al lavoro pionieristico di un regista coraggioso. Nessuno alza la mano? BRAVI! Vuol dire che non siete troppo ingenui, perchè questo film (e diciamolo subito per toglierci un peso dalla coscienza) è una chiara operazione commerciale fregiatasi della benedizione di Stephen King e di un budget che, seppur non faraonico, fa letteralmente impallidire quello della omonima miniserie. Lo stesso regista Andrés Muschietti, per stuzzicare i nervi e le coronarie degli spettatori, si affida a trucchi registici vecchi come il muschio secco che si mette nel presepe, pertanto, a meno che non siate dei lattanti quattordicenni o semplicemente siate a digiuno di film horror da una vita, è praticamente impossibile che questo film vi spaventi o anche solo inquieti (ma qua entra in gioco la sensibilità personale, e quella del sottoscritto è stata soffocata a sciabolate di Argentiana e Fulciana memoria). C'è del marcio in Danimarca e non si tratta solo dell'alito di Pennywise, ma fortunatamente c'è molto di buono e ora provvederò a rendervene edotti.
Cominciamo col dire che malauguratamente il sottoscritto non ha (ancora) letto il romanzo omonimo di Stephen King, pertanto non saprei dirvi quanto questa trasposizione vi sia fedele; posso però dirvi con sicurezza che molte cose devono essere state condensate se non proprio eliminate dalla trama, processo più che necessario se si vuole rendere potabile un romanzo di oltre mille pagine e di notevole complessità tematica. Rispetto alla miniserie l'atmosfera è decisamente più tetra, meno fanciullesca e più consapevole del male che impregna l'anonima e al tempo stesso infernale cittadina di Derry. Il mondo degli adulti è presentato come impenetrabile, grottesco e a tratti persino mostruoso, a sottolineare la totale mancanza di dialogo e di fiducia tra i ragazzi e i loro genitori e parenti. E' un film adolescenziale It di Andrés Muschietti, nel senso più nobile del termine, in cui viene ben rappresentata la difficoltà nel crescere, l'amicizia e la fratellanza tra esclusi, i primi amori e le prime pulsioni sessuali, il bullismo, la "cattiveria" dei coetanei e il muro rappresentato da chi dovrebbe fungere da punto di riferimento e guida, ovvero gli adulti, i quali invece hanno semplicemente dimenticato cosa signfichi essere teenager, sono esclusi dal senso di appartenenza e complicità dei ragazzi e sono più facilmente controllabili dal male che si nutre della loro indifferenza. E' un canto alla morte dell'innocenza, macchiata dagli orrori della violenza e della pedofilia, così come al fallimento genitoriale nel proteggere e aiutare a crescere i propri figli. E' anche un percorso sull'accettazione del lutto, la quale non avviene tramite l'aiuto di chi dovrebbe fungere da esempio bensì di chi condivide le esperienze e i piccoli (e grandi) drammi quotidiani dell'adolescenza. Ma soprattutto è un film sulla paura e sull'eterno conflitto tra bene e male, una dicotomia ancora molto marcata in età puberale ma che va svanendo quando si diventa grandi e non si è più in grado di distinguere istintivamente le due cose.
I protagonisti del film sono uno dei punti di forza dello stesso: ben scelti in fase di casting, i giovani interpreti paiono affiatati e a loro agio e donano ai rispettivi personaggi anima e carattere (un po' monodimensionale, va detto, ma comunque ben tratteggiato), finendo per coinvolgere lo spettatore il quale non può non provare empatia per il "Club dei Perdenti" e tifare per loro nei ripetuti scontri con It, il quale si cela sotto le demoniache sembianze del clown Pennywise, interpretato da un sorprendente Bill Skarsgård, il quale pur non risultando iconico come lo fu Tim Curry riesce comunque a donare luciferina espressività e un'aura sinistra al suo personaggio.
Muschietti da parte sua ci mette il mestiere, trova qualche felice intuizione visiva, si concede qualche spruzzatina di splatter senza mai esagerare, indugia un po' troppo sulla nostalgia degli anni '80 ora tanto in voga e confenziona un prodotto esteticamente curato e con degli effetti speciali ben dosati e più che adeguati. In fondo se il film diverte e scorre bene è anche merito suo. Purtroppo l'eccessivo uso di jumpscares spezzetta un po' troppo il ritmo del lungometraggio e finisce col renderlo prolisso, almeno per chi non si spaventa per così poco. Sicuramente si poteva fare e osare di più, ma anche così non ci si può lamentare più di tanto, perciò non ci resta che aspettare la seconda parte di questa pluridecennale battaglia contro il male e contro i suoi emissari e ripercorrere ancora l'estate del 1989 (1958 nel romanzo) dei Perdenti e il loro scontro con Pennywise, augurandoci che cotanta attesa non sia vana.
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