Regia di Anthony Maras vedi scheda film
Una missione terroristica composta da ben 10 attacchi, quella accaduta il 26 novembre 2008 e durata ben tre giorni a Mumbai, la capitale commerciale indiana, nonché la città più popolosa dell'India, e una delle più grandi al mondo. Una azione che ha messo in scacco una intera metropoli, incredibilmente impreparata a gestire un'emergenza certo straordinaria, ma non certo impensabile, che ha causato quasi 200 morti e oltre 300 feriti, a seguito di una pioggia di proiettili sparati da un pugno di terroristi indiscriminatamente sulla folla che sventuratamente gli capitò innanzi.
Il film, girato anche con capitali australiani e diretto da Anthony Maras, sceglie di concentrarsi sulla missione di morte che ebbe l'effetto più plateale e clamoroso: quella perpetrata ai danni degli ospiti del celebre albergo top Taj Mahal, rifugio sventurato anche di una folla di persone in corsa, inseguite dalla follia omicida dei terroristi.
Il film indubbiamente ha il pregio di farsi seguire grazie ad un ritmo incalzante che non risparmia la realistica violenza messa a segno dai fanatici terroristi, lungo una vicenda corale che si sbriciola in un corollario di vicende di sopravvivenza che troveranno, prima o poi, un epicentro logistico tra i lussuosi ambienti del prestigioso albergo.
Quello che convince molto meno, è la costruzione dei singoli personaggi, incredibilmente, se non spudoratamente stereotipati, ognuno proteso a rendere i tratti generici e un po' sommari, del proprio soggetto simbolo di un paese, di una cultura, di uno stato sociale, che mette insieme una serie di individui antitetici in tutto, uniti strenuamente verso una lotta alla sopravvivenza che ne farà sopravvivere solo una piccola percentuale.
Ricchezza e povertà, generosità e strafottenza, uniti assieme in una lotta alla sopravvivenza che non guarda in faccia nessuno.
Ma l'americano biondo e tutto cuore e famiglia di Armie Hammer, lo sprezzante occidentale ricchissimo e strafottente di Jason Isaacs, il generoso povero cameriere disposto e proteso al sacrificio reso dal sempre tende al patetismo Dev Patel (che figura anche tra i produttori del film), proprio non si riescono a reggere, ed il film, nonostante la presa emotiva in grado di assicurare allo spettatore, ne subisce assai le conseguenze, inficiandone non poco la valutazione complessiva.
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