Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
"Ma che razza di film, non ha alcun significato, significa soltanto che bisogna diffidare delle tre stelle e mezzo. E poi le donne sono rappresentate come se fossero tutte assatanate! E poi per uno stronzo bugiardo del genere che sta con tre donne nello stesso tempo!". Esco dalla sala e ho davanti due anziane signore in compagnia dei loro mariti che commentano a caldo il film. Due signore che nel mezzo del film se la prendono con una sceneggiatura sgrammaticata, quando Teo chiede a Emma: "vuoi che lo chiudo?" riferendosi al tettuccio dell'auto e una di loro si inalbera sul congiuntivo mancato e parte a stigmatizzare l'uso corrente dell'italiano di questi tempi.
Ma mentre tutto questo mi diverte perché andare al cinema e non guardarsi un film a casa significa avere la fortuna di catturare anche un punto di vista esterno al proprio, rifletto su quello che Soldini mi trasmette. E dentro di me c'è tenerezza e disagio.
Emma è una donna che ha un carattere forte e l'interpretazione della Golino la rende così vera e naturale da farla desiderare come una donna ideale. È una donna completa, intellettualmente e fisicamente affascinante. Una donna che non teme di lasciarsi andare all'amore, ma non per questo considerabile come un'assatanata. Il suo carattere è forte nella lotta quotidiana per una vita piena e gratificante, ma dentro è segnata profondamente dalla propria cecità sopraggiunta quando aveva 18 anni. E la storia mette a nudo con abilità questa fragilità attraverso l'ausilio di un personaggio complementare,la ragazza che ha 17 anni a cui Emma dà ripetizioni e che sta vivendo lo stesso dramma della sua insegnante più o meno quando aveva la sua età. Una ragazza rassegnata all'ineluttabilità del proprio destino e che vede un futuro senza alternative reali finché Emma non gli schiaffa davanti la verità nuda e cruda e le dice inaspettatamente che lei ha vissuto gli stessi sentimenti e ha provato lo stesso senso di disfatta, la stessa voglia di scomparire come il mondo intorno a lei. E questa è la prima morale della storia: tutti hanno dei limiti, tutti ci convivono perché la vita non è come l'avremmo voluta, ma come l'abbiamo potuta costruire, fronteggiando le avversità e le cicatrici che ci ha lasciato il tempo e ci portiamo dentro in eredità, ma non bisogna arrendersi mai. Banale? No, se questo sentimento ti appartiene e sai cosa nasconde quel non arrendersi in termini di frustrazioni, dubbi, paure, debolezze.
E poi c'è l'altra parte della storia, la relazione tra Teo e Emma e la sua trasformazione in amore. Dal mio punto di vista che Teo abbia una compagna e un'amante significa solo che lui non ama la sua compagna. E il fatto che lui voglia portarsi a letto Emma per mostrarla come un trofeo al suo collega fa parte del personaggio, che è anaffettivo e incapace di amare,forse perché si è sentito mancare quell'amore sin dall'infanzia. Ed è proprio lì il punto cruciale del personaggio: la sua superficialità che è fuga dal dolore di una vita. Il tempo trascorso con Emma lo porta a conoscere se stesso, piano piano ad aprirsi e a guardarsi dentro, a non vivere più di apparenza, a cercare di scoprire i colori, non quelli apparenti, ma quelli che assegniamo noi alle cose.
C'è una scena cruciale del film, che forse è passata inosservata alle mie vicine al cinema e che invece ha illuminato la mia mente e mi ha fatto dare un significato al film. In questa scena Emma è in bagno, Teo guarda fuori dalla finestra e vede una ragazza che saluta a distanza l'uomo che ama e gli manda un bacio con la mano. Una banale quotidianità. Poi si volta e vede Emma uscire dal bagno e tornare nella camera da letto dove l'aveva lasciato e la vede parlargli mentre fissa il letto vuoto, convinta che lui sia ancora lì. In questa scena Teo è a disagio e Giannini rappresenta perfettamente questo sentimento. L'amore ha i suoi ostacoli per chi non l'ha mai provato e in questo caso c'è un ostacolo in più. Teo sembra chiedersi se è in grado di sostenere una relazione del genere e si interroga su ciò che non conosce e forse sulla fragilità di Emma. È un inetto, un pusillanime per vocazione e quello che vede è molto più di quanto lui possa credere di gestire. E come spesso accade a chi ha paura fa la cosa sbagliata e scappa. Fino a prendere coscienza dell'affetto perduto e a cercare il riscatto dell'amore unico e vero, non più apparente e superficiale, quello che le avversità le supera insieme e che non mostra le diversità, ma una diversa visione del mondo.
L'educazione sentimentale di un ragazzo di 40 anni potrebbe essere il riassunto in breve della storia. E qualcosa in più: interroghiamoci su quanto ciò che non conosciamo ci spaventa e quanto siamo meschini nel fuggire dal diverso. Impariamo ad amarlo per quello che è vincendo le nostre paure, debolezze, dubbi e frustrazioni: verranno e già lo sappiamo, ma affrontarle è una cosa da grandi, vincerle ci trasforma in supereroi, come Emma e tutti quelli che come lei lottano per un destino che non sia ineluttabile, ma costruito un passo alla volta come si è voluto e come si è potuto.
Ecco, questo mi ha raccontato questo film: non serve fare cose incredibili per essere dei grandi: a guardarla bene, la grandezza è a un passo dall'ordinarietà.
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