Regia di Vincenzo Alfieri vedi scheda film
Allettante nelle premesse, ma parzialmente riuscito nella pratica, nonostante i tanti spunti interessanti e un cast di buon livello.
Negli ultimi mesi dei giovani registi hanno realizzato alcuni esperimenti innovativi e originali, a metà tra commedia e azione, portando una ventata di freschezza in un cinema italiano alquanto stagnante, impegnato a riprodurre sempre i soliti stilemi, o dell’umorismo facilone e boccaccesco, o del dramma cupo e serioso.
Anche il film di debutto del giovane attore salernitano Vincenzo Alfieri, almeno sulla carta, sembra inserirsi in questo filone che cerca di emanciparsi dalla imbolsita retorica dominante e di ispirarsi più al mix di generi condito da un umorismo politicamente scorretto, tipico di alcuni prodotti d’oltreoceano, già sperimentato ad esempio da Sidney Scibilia (Smetto quando voglio, due capitoli già usciti e un terzo in arrivo) o da Gabriele Mainetti (Lo chiamavano Jeeg Robot).
La storia vede in azione un duo di sgangherati eroi di quartiere, gli squattrinati fratelli Miele, Fabrizio (lo stesso Alfieri, non proprio indimenticabile) pedante avvocato ridottosi a fare l’archivista in tribunale, e Massimo (uno spiritoso e frizzante Lino Guanciale) immaturo e spavaldo perdigiorno, fuggiti da Roma dopo uno scandalo che ha colpito la madre e trasferitisi a Napoli con la sveglia sorellina di tredici anni Chiara (la giovane e spigliatissima esordiente Sara Tancredi). Pressati da affitti e bollette che i loro miseri stipendi non riescono più a sostenere, impossibilitati a trovare un’occupazione più redditizia, una notte, un po’ per gioco, un po’ per caso, decidono di tentare un’impresa temeraria e pericolosa: derubare l’avido e losco proprietario della ditta di costruzioni in cui lavora, rigorosamente in nero e sottopagato, il minore dei due. Armati solo di disperazione, armi improvvisate e due maschere di plastica di Maradona acquistate in un negozio cinese, riescono in maniera rocambolesca a portare a termine la rapina.
Complici le telecamere di servizio del cantiere che li riprendono mentre fuggono via con il malloppo, diventano degli eroi di quartiere. Con l’appoggio dell'astuta sorellina, esperta di informatica e social networks, e fregiandosi dell’appellativo de “I Demolitori”, i due intraprendono la rischiosa e spesso tragicomica missione di vendicatori delle ingiustizie, venendo contattati e finanziati da chiunque desidera vendicarsi di un torto subito.
Le loro eroiche azioni però finiscono con l’attirare le attenzioni del determinato commissario Natale Piervi (un inedito e serioso Biaggio Izzo) e con l’intralciare i piani criminali della spregiudicata imprenditrice Eva Perrot (la persuasiva Antonella Attili).
Con una trama così ricca di argomenti attinti dall’attualità, un’ambientazione altrettanto prodiga di spunti narrativi e un cast di buon livello, I Peggiori avrebbe potuto facilmente essere annoverato come un altro piccolo cult, ma purtroppo nella sceneggiatura curata in parte dallo stesso Alfieri, non tutto scorre e convince come ci si aspetterebbe. Azione, ironia e denuncia sociale infatti appaiono poco amalgamate, e se le sequenze più movimentate non godono di buone coreografie, risultando spesso confuse e poco intellegibili, le battute umoristiche e i momenti comici invece strappano sorrisi risicati, non avendo quella brillantezza e quella sottigliezza che serve a renderle davvero incisive. Anche la parentesi sentimentale, affidata al bel Guanciale in coppia con la napoletana verace Miriam Candurro, ha un che di forzato e accessorio e non riesce a coinvolgere.
Forse il vero problema è proprio quello di aver puntato a inserire troppe idee senza averle sapute sviluppare in maniera originale e divertente, nonostante gli attori a disposizione (oltre ai già citati, ci sono anche Tommaso Ragno e Francesco Paoloantoni), sebbene non manchino i pregi, quali un doppio colpo di scena finale che rimescola parzialmente le scene di chiusura del film.
Un prodotto alternativo e al contempo classico, di cui apprezzano dunque le audaci intenzioni, ma la cui riuscita finale risente di diverse pecche di scrittura che lo privano del giusto mordente.
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