In un futuro distopico che, visto con gli occhi di chi viveva a metà dei Sessanta, appare oggi come un avveniristico fumettone sexy di un futuro inevitabilmente ormai decorso ma non per questo non meno singolare, il governo centrale ha deciso di escogitare un sistema legale per porre un controllo all'eccesso di violenza ed aggressività che in molti soggetti induce a crimini efferati e senza controllo.
Un gioco, di portata planetaria dal nome la Grande Caccia, mette a caso in contatto un Cacciatore e la sua Vittima, ove l'uno deve inseguire l'altro per eliminarlo, mentre l'altro deve solo difendersi e salvarsi, o ucciderlo nel momento in cui l'altro sta per attaccarlo.
Coloro che riescono a sopravvivere per dieci prove consecutive, spartendosi egualmente ed alternativamente il ruolo di cacciato e di cacciatore, finisce in un apposito albo di campioni e diventa una star, costellato di agi e di lussi.
Il computer mette quindi in conflitto due veterani di questa sfida mortale, seguitissima sia in tv che per le strade: la bellissima americana Caroline Meredith, (Ursula Andress, tre anni dopo la folgorante esperienza "Bond", una dea dalla perfezione estetica oltre ogni umana, possibile concorrenza), vicina al podio, impegnata nel ruolo di cacciatrice, contro il più bonario ma non meno calcolatore Marcello Poletti (Marcello Mastroianni in versione inedita bionda), che, giunto alla sesta vittoria, comincia ad essere oggetto di interesse da parte degli sponsor impegnati a finanziare la grande sfida.
Siccome Caroline, che è seguita da una troupe televisiva che intende massificare lo spettacolo, non intende freddare subito la sua preda, ma giocarci abilmente come una gatta, si finge giornalista per freddare tra gli antichi reperti romani la sua vittima designata. Che tuttavia sembra molto più indifesa di quanto non sembri.
Al momento del regolamento dei conti, una serie di problematiche senza controllo, come l'apparire della ex moglie e dell'amante del bel Marcello, impediscono ai due di concentrarsi sulla sfida, imparando a farsi spingere dai sentimenti reciproci che li attraggono, per fuggire entrambi lontano da quella follia che li ha costretti, loro malgrado, a divenire pedine di una carneficina senza più controllo e regola.
Liberamente ispirato al racconto The Seventh Victim, di Robert Sheckley, adattato per lo schermo da, tra gli altri, Ennio Flaiano, Tonino Guerra e lo stesso Elio Petri, La decina vittima imbastisce, su una base grottesca e sopra le righe che troverà in futuro altri sviluppi in grado di generare anche serialità cinematografiche fortunate e di considerevole appeal, come quella in tre atti (per ora) di "The Purge", e diviene portavoce di una deriva culturale e sociale in stile orwelliano, materializzatasi da anni con gli incresciosi fenomeni televisivi de Il Grande Fratello e similari.
Invaso di surrealismo, civetterie e bizzarrie erotiche sin troppo anticipatrici rispetto agli anni in cui l'eccentrico progetto fu concepito e portato a termine, La decima vittima non riesce ad amalgamare alla perfezione gli elementi di cui si compone la sua storia, divenendo un caso isolato di fantascienza bizzarra di quegli anni, se si eccettua il di poco successivo Barbarella di Vadim.
Un progetto certamente ambizioso, ma considerato a quei tempi già dalla critica così assurdo e sopra le righe, da venir troppo presto messo da parte come un caso provocatorio fine a se stesso, ignari tutti, come eravamo a quei tempi, di quanto la televisione potesse condizionare usi e costumi in nome di un inarrestabile appetito commerciale che diverrà, già dagli anni '80, il motore trainante di ogni scelta economica ed ogni percorso e stimolo individualistico mirante al successo del progetto di vita di ogni figura imprenditoriale.
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