Regia di Elio Petri vedi scheda film
In un futuro imprecisato si svolge “La Grande Caccia”, un gioco “come valvola di sfogo per gli istinti aggressivi dell’umanità” in cui si danno la caccia a suon di pistolettate cacciatore e vittima. Chi riesce ad arrivare a dieci vince un milione di dollari. Caroline Meredith tra i grattacieli di New York sfugge alle grinfie di un cacciatore, al Masoch Club si leva la parrucca e si esibisce in un sensuale balletto in bikini. Con abilità ha irretito il suo cacciatore per poi ucciderlo. È un trionfo e a Caroline manca una caccia per il premio finale. Il prescelto dal sistema elaborazioni dati di Ginevra dal Ministero della Caccia è l’italiano Marcello Poletti, romano indolente e piacione che a un concorso ippico ha ucciso la sua sesta vittima. Meredith si trasferisce a Roma con una finta troupe televisiva per uccidere Poletti nel tempio di Venere con sullo sfondo il Colosseo e con la partecipazione di un oneroso spot. Marcello ha appena ottenuto la separazione dalla Sacra Rota e sta con un’amante che vorrebbe sposarlo. Assillato dalle due donne ha in Tommaso, un cane robot, il suo unico amico. Caroline riesce ad agganciarlo spacciandosi per una giornalista che conduce un’inchiesta sulle abitudini sessuali del maschio italiano, lo segue in un centro “Relaxing Service Station” per rilassarsi senza riuscirci. Fa visita al poligono di tiro in cui incontra il professore comunicandogli che forse morirà, “lo so che morirai ma l’importante è come si muore, da coniglio o da samurai?”. Dai “Tramontisti” in cui decanta le gioie del tramonto piangendo a comando (grazie a due pillole di Lacrimil) su una spiaggia di fronte ad alcuni adepti in tunica come lui, spernacchiato dai “Neorealisti” confessa all’americana di farlo solo per soldi come La Grande Caccia e perché la vita è troppo lunga. I due protagonisti si innamorano e nel finale rocambolesco e scontato (molto accomodante alla Carlo Ponti, il produttore) più volte si ribaltano le morti plateali dell’uno e dell’altro.
LA DECIMA VITTIMA, tratto da un racconto di Robert Sheckley, è l’incursione nella fantascienza futuribile di Elio Petri nel 1965. Fin dalle prime immagini a colori del grande Gianni Di Venanzo il regista romano si muove a suo agio e con padronanza a New York e in seguito nella zona EUR della capitale. Filma una conturbante Ursula Andress in bikini argentato che ancheggia e schiaffeggia i clienti di uno strip-club. Marcello Poletti non poteva che essere Marcello Mastroianni, “italiano tipico a cui piace stare al sole come un gatto…ha l’aria stanca forse perché dorme troppo”, vive in lungotevere Fellini 19, è un seduttore pigro, solitario e romantico, quest’ultimo tratto caratteriale lo fa capitolare ma non sarà del tutto fesso. Il mondo (de)scritto da Petri con Tonino Guerra ed Ennio Flaiano è dominato da una violenza fumettistica, tant’è che i fumetti vengono considerati dei classici, l’omicidio è legalizzato da un gioco che rassomiglia vagamente al 1984 di Orwell e alla società post moderna de “Il Grande Fratello”. Il Vaticano è contrario al gioco nonostante il Papa sia americano, le sfide sono sponsorizzate e comprate a suon di dollari dalla pubblicità. I tramontisti sono dei pre-hippies sdolcinati e vacui contrapposti ai volgari neorealisti. Satira e profezie vanno a braccetto in questo film colorato, molto Pop-Art (dall’oggettistica al design, ai capelli ossigenati e agli occhiali da sole di Mastroianni) e vari generi di arte soprattutto quella concettuale (“l’uomo statistico” di Renato Mambor), grazie alle ambientazioni e scenografie di Piero Poletto così ricche di installazioni e inventiva come i due sassofonisti che suonano all’aperto il bellissimo brano di Piero Piccioni (declinato in più versioni, specie bossa nova e jazz) sopra un piedistallo. L’avvocato Rossi è Massimo Serato, il professore mutilato e rivestito per buona parte di ferro è il feticcio petriano Salvo Randone.
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