Regia di Derek Jarman vedi scheda film
Molto Brecht e poco Marlowe. Trasposizione personale, estrema e politicamente molto schierata di Jarman. In una Inghilterra del 1300 che potrebbe essere una New York contemporanea, oppure una Toronto anni '70, Edoardo diviene re senza in realtà averne né le capacità né la volontà. E' una lotta fra le aspirazioni personali (anche se misere ed edonistiche) e il dovere del ruolo, che egli non ha scelto e non può rifiutare. E' un film soprattutto di immagini, il vuoto postmoderno della reggia, Mortiner ed il potere militare, la regina Isabella splendida ed elegante francese, le luci e le ombre sapientemente dosate quasi fosse un bianco e nero. I corpi, maschili, iconograficamente gay. Le parole, eppure così importanti, sembrano non riuscire a stare al passo delle soluzioni estetiche (ecco perchè, paradossalmente, c'è poco Marlowe ... Marlowe così potente e suggestivo, qui smorzato, quasi pallido). Probabilmente a causa di una recitazione che, si esclude Tilda Swinton, raggiunge timidamente una striminzita sufficienza. Come detto, è un'opera personalissima, una interpretazione di Edoardo. Schiacciato dal ricordo di un padre dominante, forse solo inadatto e debole, preda dei propri istinti. Una splendida, sottile ed altera, crudele eppure dolcissima regina. Comunque, rivedendola dopo anni (ricordo come fosse oggi la prima visione, il martedì d'essay, 4 persone in sala. Era il 1991 o 1992) ancora attuale e potente
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