Regia di Satyajit Ray vedi scheda film
VOTO 7,5 COMPLESSO Un film fatto di conflitti. Ghare Baire, tratto da un romanzo ambientato nel cruciale primo novecento indiano, soffre forse in alcuni tratti di questa origine letteraria, che impone una rigidità negli schemi narrativi a volte spossante. L'inevitabilità del messaggio d'autore da Rabindranath Tagore (premio Nobel 1913 autore del libro) a Ray (per la versione film) è però inscalfibile. La partenza di tutto ciò è un'idea progressista e umanista contrapposta all'intolleranza e alle cecità dei nazionalismi sterili, su di uno sfondo mélo/storico narrato in flashback, così da condurre lo spettatore dallo sconvolgimento dei sentimenti alla constatazione razionale della misera condizione umana. I caratteri della vicenda non riescono e non possono evitare di scontrarsi, psicologicamente complessi, riflettono il calderone indiano, circoscritto nella casa del Maharaja o nelle strade agitate, dove gli scontri sociali non sono altro che l'espansione di un enorme dramma interiore. La splendida fotografia buia e calda allo stesso tempo fa il resto completando l'affascinante messinscena del grande Satyajit Ray, consegnando allo spettatore una conclusione magistrale, focalizzata sul primo piano della protagonista Bimala che si evolve nel tempo e nella disperazione.
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