Regia di Trey Edward Shults vedi scheda film
Bel talento, questo giovane regista texano, classe 1988. Già autore di un esordio, "Krisha", 2014, pluripremiato e che ha fatto il giro dei festival di mezzo mondo, torna con un prodotto diverso, un horror psicologico di grande qualità. Se l'ambientazione ha del già visto troppe volte, ovvero una misteriosa apocalisse che stermina, pare, ogni forma umana, molto simile alla peste, è la realizzazione che fa la differenza. Film di questo tipo peccano spesso nella qualità cinematografica, limitandosi a un'estetica da media fiction televisiva puntando tutto sulla trama, qui, Shults, predilige, invece, il bel Cinema, ritagliando pure dei bei caratteri, forti e importanti, ad eccezione, a mio parere, del ragazzino 17enne, che nonostante abbia una parte importante, risulta abbastanza avulso. La trama è esile e gioca tutta sulla psicologia delle due famiglie che vengono a contatto, in una foresta in apparenza calma ma ostile, in cui l'inquietudine ha radici più profonde degli alberi. Il male colpisce lentamente, s'insinua nei meccanismi di sopravvivenza per poi contaminare prima le anime del corpo. Quando il corpo è tumefatto e distrutto, la tragedia è già compiuta. Una lavoro psicologico inquietante che spaventa nel suo non mostrare, supportato da una impalcatura film di grande spessore. Un film che può rimandare al Cinema di Grandrieux, anche se molto meno visionario e liquido di quello del francese. Altro emergente da tenere d'occhio.
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