Regia di Fabio Bobbio vedi scheda film
“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?” - S.K.
Una manciata di giornate e notti estive, spezzettate e non consequenziali (un ragazzino scompare, poi, forse - ché no, non siamo in “Dublin Murders” -, ritorna: come per “Horse Girl” - i due esempi sono stati scelti solo per farne di recentissimi e testimoniare l'universale ricorrere dei dispositivi in gioco - la presenza di un lieto fine dipende, ovviamente - come diceva quello -, dal punto in cui si decide di interrompere o porre termine alla propria storia...), tra i suburbiali sobborghi e le zone di raccordo e passaggio re-inselvatichite, tra la periferia della provincia e il selvaggi paraggi semi-incontaminati dell'alveo torrentizio.
L'opera d'esordio di Fabio Bobbio, torinese classe 1980 (dato il cognome ci si aspetta di ritrovare il Trebbia, e invece, dati i natali, ecco l'Orco), paesaggisticamente (garighe fluviali, oasi xero-termiche pedemontane, brughiere moreniche, foreste planiziali invasi dalle robinie con sottobosco di felci, margini di buddleje - queste ultime due essenze utilizzate per dare una copertura al teepee di tronchi e rami caduti e raccolti - e radure di poacee), ma non solo, ricorda “Tutto l'Oro Che C'è” (Ticino) di Andrea Caccia, “l'Estate di Giacomo” (Tagliamento) di Alessandro Comodin e il retroterra di Marco Bellocchio (“Vacanze in Val Trebbia”, “Sorelle/Mai”, “la Lotta”), e, uman(istic)amente, il cinema cosmopolita di Roberto Minervini (“Low Tide”, “Stop the Pounding Heart”) per l'afflato documentario, e, per la narrazione finzionale, quello di David Gordon Green (“George Washington”, “UnderTow” e “Joe”) e - in parte - di Harmony Korine (“Gummo” e “Julien Donkey-Boy” e, per Larry Clark, “Kids” e “Ken Park”), e altri (in piccolissima cernita), tra i contemporanei/recenti (ultima dozzina d'anni), quali più, quali meno, per ragioni eterogenee: “Paranoid Park” di Gus Van Sant, “Kid” di Fien Troch, “Mud” di Jeff Nichols, “Hide Your Smiling Faces” di Daniel Patrick Carbone, “Violet” di Bas Devos, “le Meraviglie” di Alice Rohrwacher, “King Jack” di Felix Thompson, “Take Me To the River” di Matt Sobel, “American Fable” di Anne Hamilton, “the Florida Project” di Sean Baker, “Super Dark Times” di Kevin Phillips, “Ava” di Léa Mysius, “Summer of '84” di RKSS (François Simard e Anouk e Yoann-Karl Whissell), “Mid90s” di Jonah Hill...
Ottimamente diretti e “non” diretti i due ragazzini protagonisti (unico altro interprete, sempre non professionista, con una parte di rilievo è la Bocca di Rosa di Via dell'Argine di Valentina Padovan), che mantengono sulle loro spalle l'intero film ch'è un'opera di due caratteri, Matteo (Turri) e Samuele (Bogni).
Fotografia (con le "solite" risonanze hopperiane verso il paesaggio antropico e dei "non-luoghi" d'industrializzazione in dismissione) e operatore alla macchina: Stefano Giovannini. Montaggio (come evidenziato più avanti, importantissimo), dello stesso regista. Musiche, ottime, di Ramon Moro e Paolo Spaccamonti. Producono Mirko Locatelli (con cui Fabio Bobbio ha collaborato spesso in passato) & C. e distribuiscono Strani Film con Mariposa Cinematografica.
Piccolo difetto: la scena - fra le tante costruite e gestite benissimo in long take e/o piano sequenza, spesso a camera fissa o minimamente mobile - col volo d'uccelli in fuga dal folto del "kinghiano" campo di mais, in questo caso troppo artefatta, programmata, meccanica, con le colombe, quasi certamente d'allevamento, al posto dei piccioni semi-domestici rinselvatichiti: m'immagino l'apertura delle gabbie ad un segnale dato...
Piccolo pregio (a compensazione): quel momento di stupore, quel "Cut!" in parte mantenuto nel montaggio finale, insomma, quello sguardo in macchina (cercato, spinto, coadiuvato, suggerito, forzato? Non penso, ma davvero poco importa): una minuscola meraviglia ["espediente" non nuovo, certo - compare ad esempio al termine (→qui←) della scena di danza a colori nel film in B/N di Spike Lee, ch'è il suo secondo lungometraggio, "She's Gotta Have It", ovvero "Lola/Nola Darling" -, ma comunque sorprendente].
E splendida è, anche, fra le molte, la scena del gioco nell'erba alta: due cuccioli di volpe (i cormorani del titolo, specie autoctona e non alloctona, quale ad esempio è quella degli ibis sacri, ed entrambe in espansione e rafforzamento d'areale) che scoprono i dintorni, il mondo, sé stessi e loro stessi in rapporto con l'altro da sé.
Sarà che questi paesaggi e orizzonti li riconosco miei, pur essendo in territorio sabaudo e non insubrico, sarà che, soprattutto, riconosco mia quest'infanzia/pre-adolescenza, ma il film è proprio bello.
“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?” - S.K.
* * * * ¼ (½)
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