Regia di Nicolas Boukhrief vedi scheda film
Incontro-scontro tra due religioni, cattolicesimo e comunismo. Una rivisitazione più che un "remake" del celebre “Léon Morin, prêtre” di Jean-Pierre Melville. Romain Duris e Marine Vacth non fanno rimpiangere Jean-Paul Belmondo e Emmanuelle Riva. Anzi, sono forse ancor più convincenti.
Il confronto sia con il romanzo di Béatrix Beck del 1952 che con il film di Jean-Pierre Melville del 1961, entrambi intitolati “Léon Morin, prêtre”, è inevitabile. Tuttavia, se nel libro e nel suo primo adattamento per lo schermo la militante comunista porta a termine la sua conversione al cattolicesimo, la versione di Nicolas Boukhrief opta per un finale diverso. La donna, al termine del suo travagliato percorso di avvicinamento alla fede e in seguito alla separazione da Léon Morin, destinato ad un’altra diocesi, decide di infatti di rinunciare alll’idea di convertirsi. Si tratta a parer mio di una variante che conferisce all’intera vicenda una maggiore credibilità, evitando la trappola del film a tesi con intenti quasi propagandistici. Per il resto, la qualità e l’elevato livello dei dialoghi tra i due protagonisti sono mantenuti e interpretati con classe sia da Romain Duris che dalla sua interlocutrice Marine Vacth. Tra i due, assistiamo ad una vera e propria partita a scacchi, il cui scopo è sempre quello della ricerca della verità prima ancora della vittoria. Non a caso, nelle prime scene del film, i compagni di lotta partigiana della giovane comunista vengono mostrati in un confronto sulla scacchiera. Sullo sfondo della singolar tenzone teologica e filosofica, carica di pulsioni erotiche represse ma non rimosse, vi è la cruda realtà dell’occupazione nazista, evocata da alcune drammatiche sequenze che, pur non lasciando indifferente il bravo sacerdote, sembrano passare in secondo piano rispetto alla sua missione evangelizzatrice. Un comportamento che si riallaccia giustamente all’ambiguo ruolo svolto dalla chiesa cattolica durante il secondo conflitto mondiale e negli anni che lo precedettero. Al riguardo, resta per me paradigmatico l’ottimo “Amen” (2002) di Costa-Gavras.
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