Regia di Terence Hill vedi scheda film
Il mio Nome è Thomas è Don Matteo che incontra Trinità (si noti la citazione rappresentata dallo scorpione, la padella e i fagioli che rimandano all'inizio de Lo Chiamavano Trinità). Terence Hill offre quello che probabilmente è il suo ultimo omaggio allo spaghetti western. Trapela il dolore delle tragedie che l'attore ha vissuto. Impossibile non pensare, per un attimo, durante la visione a Renegade - Un Osso Troppo Duro. C'è anche un qualcosa di Giacomo Leopardi, penso a La Ginestra, con il fiore che cresce in luogo impervio.
Le ambientazioni e le location sono quelle dei tempi migliori o della gioventù, con buona parte del film ambientato in ciò che resta di un vecchio villaggio western nel deserto dell'Almeria (dove fu girato Dio Perdona... Io No!). La fotografia è eccelsa, sia di giorno che di notte, la regia (dello stesso Hill) è interessante nel suo esaltare le ambientazioni con i tanti campi lunghissimi. Si nota l'intenso spunto naturalista, con molti animali (volpi, barbagianni, cavalli, tori, scorpioni, coleotteri) e persino piante elette a un ruolo importante, come se non vi fosse distinzione tra le varie creature di Dio. La storia, pur se melanconica, è un po' noiosa e non troppo riuscita. Mancano spunti e un canovaccio accattivante. Il finale estremamente drammatico non salva del tutto il film che, inizialmente, da l'impressione di assumere una valenza di formazione, con evidenti vocazioni mistiche che vengono preannunciate dal libro che Hill legge a inizio film e che rimanda alla vocazione di San Paolo sulla via di Damasco. Hill, che scrive anche il copione, cerca l'incontro generazionale, rappresentato dall'amicizia con una ragazzina problematica che non ha altro da fare che andargli dietro, combattuta se aprirsi o meno al cospetto di un vecchietto arzillo che sembra un po' matto. La componente poetica c'è, ma il ritmo latita. Il film è lento, infarcito da copiosi riferimenti biblici, ma c'è anche una sequenza in cui Hill si esibisce nell'immancabile scazzottata. Alla fine resta un film incompleto, buono sul versante visivo, ma poco commerciale. Strano e impregnato di fede in quell'aldilà in cui i cari continuano a vivere. L'interpretazione di Hill è vera, specie nelle scene in cui mostra il dolore.
Fiasco al botteghino, non poteva essere altrimenti per un prodotto intimo e personale.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta