Regia di Jerry Lewis vedi scheda film
Jerry Lewis, alla sua settima regia, abbandona con "Tre sul divano", tratto da Bob Ross e da Samuel A. Taylor (sceneggiatore per Alfred Hitchcock e Billy Wilder, per i quali firmò, tra gli altri, i copioni di "La donna che visse due volte" e "Sabrina") da un racconto di Arne Sultan e Marvin Worth, le devastazioni slapstick e farsesche per accostarsi alla commedia sofisticata, accompagnandone le pirotecniche evoluzioni drammaturgiche con le punture di spillo della satira e l'immutato gusto per i travestimenti. Lewis è Christopher Pride, affermato artista pubblicitario che ha ottenuto un prestigioso incarico e vorrebbe trasferirsi a Parigi per un anno, ma intende rinunciarvi se la fidanzata psichiatra Elizabeth (Janet Leigh) non accetta di sposarlo e di accompagnarlo: Elizabeth, però, non riesce ad abbandonare il proprio lavoro, anche perchè ha in cura tre pazienti particolarmente ostiche e bisognose del suo aiuto, ognuna con problemi con il sesso maschile. Sarà il suo Christopher, spalleggiato dal comune amico Ben (James Best), a trovare la soluzione: impersonerà tre diversi uomini (il cowboy Ringo, lo zoologo Rutherford e l'atletico Warren, ma c'è anche Heather, la sorella di Rutherford...) per aiutare le tre ragazze a vincere le proprie fobie, così da poter fare a meno delle preziose cure della dottoressa. Naturalmente il gioco degli equivoci che puntualmente si scatena rischierà di mandare all'aria i suoi piani, creandogli non pochi problemi quando si ritroverà, per alcune fortuite coincidenze, a dover impersonare contemporaneamente tutti i suoi alter ego. Sempre sorretto dalla grazia stilistica del cinema di Lewis, "Tre sul divano" è una commedia esile e svagata, ingioiellata da gag scoppiettanti e da un ritmo governato con impeccabile maestria nella gestione dei tempi comici e nella cura della messinscena, a partire dalla fotografia del fidato W. Wallace Kelley (con Lewis in quasi tutti i suoi film dal 1961 in poi) alla colonna sonora curata da Louis Y. Brown (con Danny Costello che canta "A now and a later love"), con un Jerry Lewis in forma smagliante e ben spalleggiato da un cast affiatatissimo, da Janet Leigh al James Best che erroneamente i titoli di testa segnalano alla prima apparizione sullo schermo (il Rosco Coltrane di "Hazzard", che esordì in realtà nel 1950 con "Pelle di bronzo" di George Sherman), fino alle tre splendide pazienti della psichiatra (Leslie Parrish, Mary Ann Mobley e Gina Golan), alla sua segretaria Kathleen Freeman e allo spassoso ubriacone Buddy Lester. L'attenzione evidente verso i modi meno fracassoni della sophisticated comedy traspare dall'inconsueta sobrietà dei toni e dall'essenzialità drammaturgica dello script, che, seppur nella canonicità dell'approccio e nel tripudio di stereotipi che lo ammantano, non si concede divagazioni o cadute a vuoto, regalando, inoltre, alcuni irresistibili momenti comici, dal memorabile arrivo di Lewis nello studio della psichiatra, con una simpatica vecchietta che dà allegramente di matto (è Renie Riano, già con Lewis in "I sette magnifici Jerry", dove interpretava una delle attempate signore in volo verso Chicago), alla strepitosa sequenza del party a sorpresa, spassoso climax emotivo del film. Uno degli ultimi colpi di coda del Jerry Lewis regista, prima che la sua sopraggiunta maturità d'autore lo allontani quasi definitivamente dal suo pubblico.
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