Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Il crollo dei valori della società contemporanea e la presenza del Male radicato all'interno di essa sono le tematiche portanti di questo capolavoro del cinema horror (e non solo), perfettamente coerente con i canoni del genere ma al tempo stesso destinato a travalicarli. La summa di tutto il cinema precedente e successivo di Polanski. Voto 9,5
Roman Polanski, dopo i primi grandi successi dell’epoca con cui ha ottenuto fama internazionale, si cimenta nella realizzazione del suo primo film girato negli USA, ispirato all’omonimo romanzo di Ira Levin. Il risultato è un autentico capolavoro del cinema horror (e non solo), perfettamente coerente con i canoni del genere ma al tempo stesso destinato a travalicarli. Il regista polacco, al vertice dell’ispirazione, imbastisce un gigantesco incubo cinematografico in cui denuncia il collasso dei valori fondanti della società contemporanea e in cui smaschera il Male che è ineluttabilmente radicato all’interno di essa. La presenza di quest’ultimo, però, non viene mai apertamente rivelata, bensì suggerita in modo alquanto ambiguo e inquietante grazie all’atmosfera di minaccia costantemente incombente che serpeggia in ogni singola scena. L’utilizzo magistrale della fotografia, la scenografia tanto sobria quanto claustrofobica, la contrapposizione tra il realismo dell’ambientazione con l’assurdità della vicenda e la soggettività dei punti di vista sono tutte componenti gestite con una maestria disarmante da Polanski, che contribuiscono a creare un quadro terrificante in cui realtà e sogno, razionalità e paranoia viaggiano di pari passo, fondendosi e confondendosi, portando lo spettatore all’incertezza più totale e lasciando alla sua fantasia il significato dell’opera. Le dinamiche tra Rosemary (interpretata magnificamente da Mia Farrow) e gli altri inquilini (validissimi comprimari) potrebbero suggerire un’ulteriore chiave di lettura, ovvero quella di una donna straniera non ancora perfettamente integrata, che viene manipolata in maniera subdola dagli altri membri della società che, essendosi completamente piegati alla bramosia del denaro e del successo, vendono l’anima del bambino al Diavolo per ricevere in cambio ciò che vogliono. Questo farebbe di Rosemary Woodhouse una sorta di alter-ego femminile dell’altrettanto sfortunato Trelkovski, protagonista de L’inquilino del terzo piano. A coronare il tutto una splendida performance di John Cassavetes e una sceneggiatura impeccabile (candidata al Premio Oscar), per quella che si presenta come un’autentica summa di tutto il cinema precedente e successivo dell’autore franco-polacco. Il fatto che la moglie di Polanski, Sharon Tate, sia stata assassinata incinta al nono mese mentre il film era in produzione crea un’aura di mistero intorno a questo film, ma ciò non vuol dire che egli sia responsabile dell’omicidio, come insinuò la stampa all’epoca: questa tragica coincidenza, infatti, è l’ennesima conferma di quanto l’invidiabile carriera di questo grandissimo cineasta non sia altro che lo specchio della sua tormentata e sofferente vita privata.
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