Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Opera che ha fatto scuola, segnato un tempo, ed anche i tempi tutti, ma che allo stesso rimane irripetibile nella sua pienezza impossibile da ricreare.
Sceneggiato fedelmente dall’omonimo romanzo di Ira Levin, Roman Polanski da vita ad un capolavoro assoluto, un viaggio che parte dalla massima felicità in direzione degli inferi.
Guy (John Cassavetes) e Rosemary (Mia Farrow) trovano in un nuovo appartamento il loro perfetto nido d’amore.
Fin da subito i loro vicini sembrano invadenti, ma anche molto gentili, poi le rimane incinta e la sua vicina (Ruth Gordon) si prende cura di lei amorevolmente.
Ma qualcosa non va, Rosemary lo sente nel suo grembo, ma intorno tutti la esortano alla tranquillità, forse è solo colpa sua.
O forse no …
Roman Polanski costruisce un percorso impeccabile, immette un seme dopo l’altro, forte di un’idea complessiva che non ammette deroghe (o facili vie di fuga), conscia di un’integrità che porta nei meandri del male più assoluto.
Quando un sogno, la tanto attesa gravidanza, si trasforma in un incubo che non ammette dietrofront, dapprima le rassicurazioni di rito, poi si sormontano i dubbi, ma ogni via di fuga è (ormai) preclusa, la strada è ormai segnata.
L’angoscia s’accresce, fondamentalmente in forme inquietanti, qualità che un sottile umorismo assolutamente destabilizzante non fa altro che aumentare a dismisura (quando un apparente candido sorriso è in realtà un ghigno mefistofelico).
Poi si sommano una miriade di dettagli, quei volti falsamente rassicuranti, una cospirazione che non permette fughe (d’altro canto se c’è di mezzo il diavolo …), il thrilling di due ombre che si aggirano minacciose nell’appartamento, insomma brividi che sentiamo tremendamente vicini.
D’altro canto, l’atmosfera si coltiva nei passaggi, ogni azione si trasforma in un segnale non casuale, la tranquillità di una vita d’amore viene (s)venduta per una parte (il marito di Rosemary), tutto diviene una trappola per un percorso segnato che non manca di una certa dose di dubbio (ad esempio, quel sogno sarà vero?) che tiene sulle spine.
Aggiungiamoci il fatto che New York non è proprio l’emblema del luogo horrorofico per eccellenza (lo sfondo rassicura) e che le scene indimenticabili (l’accoppiamento col diavolo) si sormontano, con un imprinting dell’inconscio, il Male che pare non avere rivali non può che mettere alle corde, scuote ed annulla le difese.
Un’opera che sedimenta in virtù delle sue atmosfere evitando (quasi sempre) l’horror spiccio, ma poi è difficile trovare altrove sgomenti maggiori, la ciliegina arriva in fondo, non c’è possibilità o speranza, puoi solo stare al gioco volente o nolente.
Evocativo del male, per questo basterebbe già solo la reunion nei pressi della conclusione, dopo aver visto questo film rivaluterete ogni sorriso che riceverete in futuro.
Imperdibile, pietra miliare del cinema di ogni tempo.
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