Regia di Roman Polanski vedi scheda film
La passione per una storia nasce seguendola da vicino, e dovendo continuamente sforzare la vista per vederci chiaro. Dell’inquietante vicenda di Rosemary Woodhouse noi capiamo tanto quanto lei, ossia tutto e niente: come solitamente accade nel cinema di Polanski, la spiegazione più logica rimanda ad una realtà impossibile, mentre, per contro, la sua negazione è in contrasto con l’evidenza. Agli occhi della protagonista, la normalità ha un aspetto indefinibilmente malato, come di una persona che ha una brutta cera, eppure si sottrae ad ogni tentativo di diagnosi. Il senso più profondo del mistero è l’angoscia che ci assale quando siamo convinti che qualcosa non vada, ma non ci è dato sapere cosa sia: non esiste un quesito circoscritto intorno al quale promuovere un’indagine, perché il dubbio è irruente ed invasivo come una colata lavica, che si disperde, incontenibile e devastante, in ogni direzione. Ovunque si posi lo sguardo, si coglie l’ombra del sospetto: questo film ha il potere di trascinare progressivamente lo spettatore nella mania persecutoria di Rosemary, inducendolo a riconoscere, in ogni futile dettaglio, il probabile indizio di una subdola presenza demoniaca, un ulteriore tassello nel quadro di un satanico progetto. La magia registica di Polanski riesce ad apporre, all’obiettivo della cinepresa, il filtro della paranoia: la pellicola riproduce le cose come stanno, senza nessun commento o sottolineatura, eppure a noi sembrano strane, anche se non in maniera inequivocabile, lasciando sempre quel terribile margine di incertezza che mette in discussione la nostra obiettività. Che ci sentiamo innocentisti o colpevolisti, in entrambi i casi temiamo di peccare di superficialità: ogni interpretazione risulta arbitraria, benché la tendenza a pensare male resti sempre in agguato, come un istinto insopprimibile, che non recede nemmeno davanti al pericolo di perdersi nella follia. Rosemary’s Baby è un capolavoro della cinematografia, che educa la visione inducendola in tentazione, e le insegna l’equilibrio esponendola, insistentemente, al rischio di deviare nell’eccesso.
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