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Rosemary's Baby

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su Rosemary's Baby

di FABIO1971
10 stelle

Primo film di Polanski girato negli Stati Uniti, un capolavoro assoluto di inquietante ambiguità, oltre che un disturbante apologo sulla fascinazione del Male nella società moderna, che sotto le sinistre spoglie dell'horror psicologico ammanta di malsane atmosfere l'omonimo romanzo di Ira Levin da cui è tratto (adattato da Polanski con fedeltà quasi maniacale nei dialoghi, nelle scene, addirittura nei colori dei vestiti), i cui diritti erano stati acquistati dal grande William Castle: la sua fama di regista di horror di serie B condizionò la Paramount, che acconsentì a lasciargli produrre il film solo se non si fosse occupato della regia. Le potenzialità del soggetto, infatti, erano enormi e Robert Evans, uno degli executive della major, non aveva intenzione di correre rischi: spedì la sua proposta (dopo aver tentato anche con Hitchcock, che lo giudicò repellente) a Polanski, che ammirava, prospettandogli l'esordio cinematografico in terra americana e ricevendone, dopo un solo giorno, un entusiastico consenso. Sulle note suggestive della splendida colonna sonora composta da Krzysztof Komeda (fedelissimo di Polanski sin dall'esordio di Il coltello nell'acqua) ci avviciniamo morbidamente, durante i titoli di testa del film, verso un oscuro palazzone (nella realtà il Dakota Hotel di Central Park a Manhattan, in cui visse anche John Lennon prima di venire assassinato), dove si insediano Guy (John Cassavetes), un attore teatrale alla ricerca del successo, e sua moglie Rosemary (Mia Farrow): i vicini di casa, gli eccentrici Minnie e Roman Castevet (Ruth Gordon, premiata con l'Oscar come miglior attrice non protagonista, e Sidney Blackmer), li accolgono subito con ospitale invadenza, ma ben presto la sinistra fama dell'edificio (morti misteriose nel passato, l'ultima inquilina suicidatasi) sconvolgerà la vita dei due coniugi. Siamo nei territori angoscianti e terrificanti del patto con Satana di faustiana memoria, devastati e trasfigurati fino alla possessione demoniaca e sorretti da una tensione e da un'angoscia insostenibili, che evocano la presenza del maligno in un implacabile crescendo drammaturgico, attraverso uno straniante e quasi assordante silenzio: il ticchettìo della sveglia, i rumori della strada, con i clacson e le sirene che entrano dalle finestre dell'appartamento, le folate di vento ad agitare le tende, tutto rimbomba nel vuoto della muta disperazione di Rosemary, posseduta dal diavolo ed ancora inconsapevole. Ed appena iniziano a serpeggiare in lei gli insani dubbi sull'accaduto, tutti i rumori ed i colori dell'estate newyorchese diventano meno delicati, perdendo il calore e l'ambiguità dei toni: l'Orrore si sveste dei panni silenziosi e diabolici per avvolgere nelle sue sataniche spire le sue vittime senza speranza fino a farle precipitare nell'incubo. La madre del figlio del diavolo è Mia Farrow: il ruolo della protagonista, inizialmente concepito per Sharon Tate e, poi, per Tuesday Weld, venne in seguito proposto a Jane Fonda, che però declinò l'invito per poter girare Barbarella insieme al marito Roger Vadim. Subentrò, allora, Mia Farrow, sponsorizzata dai vertici della Paraumont, che speravano di sfruttare pubblicitariamente i clamori mediatici del suo matrimonio con Frank Sinatra, salvo poi ricevere, durante le riprese, l'istanza di divorzio. Per la scelta del protagonista maschile, invece, la produzione si rivolse inizialmente a Robert Redford, salvo poi, a causa di alcune controversie di carattere legale, ripiegare su Jack Nicholson prima (scartato da Polanski) e Warren Beatty poi, che rispedì il copione al mittente chiedendo se poteva essere lui Rosemary. Alla fine la scelta cadde su John Cassavetes e mai decisione del casting si rivelò più felice, tanto i ghigni satanici dell'attore-regista raggiungono vette di inquietante suggestione. Il suo Guy, con la sua apparente normalità a celare gli abissi riprovevoli delle azioni di cui si è macchiato, è l'anello più terrificante della catena di malsani personaggi che insidiano la maternità di Rosemary. Polanski non offre appigli, non regala oasi di salvezza, travolgendo tutti, peccatori ed innocenti, in uno sfrenato vortice di perdizione. Il realismo della messinscena, il suo spettacolare smalto visivo (con la magnifica fotografia dell'immenso William A. Fraker), la cura di ogni minimo dettaglio (il parto di Rosemary avviene a giugno del 1966, ovvero 6/66), il contributo fondamentale del cast di interpreti (con, oltre ai protagonisti, una breve apparizione di uno straordinario Elisha Cook Jr.), i virtuosismi stilistici della regia di Polanski conferiscono al film un'aura maledetta ed irripetibile che influenzerà ogni horror a venire.

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