Regia di Marti Noxon vedi scheda film
Sul rapporto che c’è tra Netflix e il cinema si è parlato molto, perdendo di vista che la piattaforma in questione rimane uno strumento a disposizione di chi alla sala cinematografica preferisce la comodità della visione casalinga, dispositivo a misura di un pubblico poco attratto dai riti collettivi e meno pretenzioso dei cosiddetti cinefili rispetto al cotè autoriale offerto dai palinsesti dell’azienda californiana. Così, se film come “War Machine” e “Okja” hanno in parte deluso le aspettative di quanti si aspettavano di ritrovare sul piccolo schermo lo stesso fulgore che aveva attraversato le opere precedenti di Michod e Bong Joon-ho al contrario può giovare all’abbonato seriale dare uno sguardo a quei titoli cosiddetti “normali”, nati per essere consumati sul piccolo schermo e privi delle responsabilità collegate al culto del loro regista.
Di quest’ultima categoria fa parte “To The Bone” firmato da un’autrice che fin qui si era distinta come regista, sceneggiatrice e produttrice di serie televisive (Buffy) e che per il suo esordio nel lungometraggio ha deciso di cambiare registro, affrontando il tema dell’anoressia attraverso il dramma di Ellen (Lily Collins in un interpretazione da Actor Studio) e dei giovani ospiti della casa dove il dottor Dr. William Beckham (Keanu Reeves) si prende cura dei suoi pazienti attraverso una metodologia alternativa fatta di convivialità quotidiana e regole comuni che diventano il viatico per la possibile guarigione. Senza la pretesa di diventare documento ma senza sfuggire gli aspetti più forti e crudi della patologia - riportati in qualità di testimonianza ma senza l’enfasi e il patetismo di certo cinema hollywoodiano - “To The Bone” ha il pregio di trovare un equilibrio tra gli aspetti legati all’intrattenimento - collegati ai rapporti affettivi e sentimentali che si instaurano tra i protagonisti - e quelli che invece prendono in considerazione gli aspetti clinici della questione, mediati dalla presenza di Reeves il cui immaginario di eroe cinematografico ben si sposa con la figura del Dr. Beckham, chiamato con il suo carisma e la sua forza d’animo a istillare fiducia sulla bontà della cura nei confronti di chi stenta a credere a qualcosa. Senza dimenticare che il film, facendo proprio l’approccio dell’estroso dottore, evita di impantanarsi sull’approfondimento dei traumi che hanno prodotto il disturbo, quasi sempre forieri di facili sensazionalismi, per soffermarsi con spirito costruttivo sul modo di liberarsene una volta per tutte. Senza dare soluzioni preconfezionate “To the Bone” infonde fiducia e lascia qualche speranza.
(icinemaniaci.blogspot.it)
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