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Ocean's 8

Regia di Gary Ross vedi scheda film

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La recensione su Ocean's 8

di alan smithee
3 stelle

Debbie (Bullock) è la sorella di Danny Ocean, anzi del compianto Danny Ocean (nell’ultimo film della saga non ricordo fosse morto, ma la circostanza probabilmente è un escamotage elegante per far risparmiare alla produzione il costo esagerato di un cameo di Clooney per legare la vicenda ai film del passato). Uscita di prigione con i (falsi) progetti di una serena vita da comune mortale che ama il proprio lavoretto, le serate con gli amici, le passeggiate nel parco e persino pagare le bollette, in realtà l’abile ladra si mette da subito all’opera per concretizzare un piano studiato nei dettagli per tutti i cinque lunghi anni di detenzione: rubare una collana di diamanti da 150 milioni di euro: per far ciò risultano indispensabili altre sette collaboratrici, ognuna meticolosamente impegnata in un ruolo preciso ed esattamente individuato, più qualche extra per ovviare alle inevitabili incognite che si presentano cammin facendo.

Glamour quasi quanto in Sex & the City, un manipolo di donne non più mediamente giovanissime che tuttavia paiono delle meravigliose 25enni (a parte la Bonham Carter che continua a fare la donna eccentrica ed in costume persino nelle rare occasioni in cui non recita in ambientazioni e circostanze del passato) tanto si presentano levigate e tornite.

Sandra Bullock poi, tirata oltre ogni limite necessario ad una coerente mobilità, ha un viso che rimane impassibile sia quanto pianga che quando rida, che nelle occasioni in cui appaia seria e compita: medesima espressività costretta dalle circostanze.

La Hathaway, perno cruciale di tutto il complicato ed inverosimile intrigo, fa la lolita che finge di essere scema, ed in fondo appare adeguata, fisicamente e non solo, al ruolo assegnatole.

Rihanna resta anche in questa sua nuova incursione sullo schermo, una cantante prestata al cinema, e la sua parte di ragazza di colore schietta e sboccata, rientra nei cliché più prevedibili e stravisti sull'argomento. 

La migliore è la Cate Blanchett, per classe, portamento, anche quando la produzione la costringe a fare il maschietto e a guidare modo d’epoca con giubbini fashion che non fanno che esasperare l’atmosfera patinata e frivola oltre ogni sopportazione.

Tutto funziona come a trovarsi addentro ad un congegno svizzero, tanto che il colpo genera sorprese e azioni a supporto non meno importanti e decisive.

In regia quel Gary Ross che non è mai stato indice di particolare autorialità, ma che almeno col precedente Free State of Jones, aveva saputo garantire un certo pathos per il seguito della causa in corso.

Qui nulla di tutto ciò, solo un lungo spot tutto ritmo e inconsistenza: sarebbe opportuno ed inevitabile, ma probabilmente anche inutile, consigliare alla produzione di rivedersi la magica costruzione di un cult come Rapina a mano armata di Kubrick, almeno come monito affinché si possa mettere da parte in futuro tanta inutile futilità di meccanismo, a favore di una narrazione almeno un po’ più matura e realmente appassionante, che sappia avvincere davvero al di là di un ritmo che si trasforma presto in routine da videoclip.

In produzione quel furbo di Soderbergh se la ride: si tiene distante da far proprio il progetto, ma non rinuncia agli eventuali compensi che da questo derivano.

In questa direzione, la saga Ocean, che si spera giunta al capolinea, si dirige verso l'inconsistenza e l'impalpabilità più incontrovertibili. 

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