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Borg McEnroe

Regia di Janus Metz Pedersen vedi scheda film

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La recensione su Borg McEnroe

di Furetto60
7 stelle

Film bello ed emozionante

Durante la torrida estate del  1980,stava per cominciare il Torneo di Wimbledon e i due giocatori più quotati per la vittoria, erano lo svedese Bjorn Borg che già ne aveva vinti quattro e l'americano John McEnroe, una giovane promessa e infatti saranno loro ad arrivare alla leggendaria finale, considerata una delle partite più belle della storia del tennis. La loro rivalità, in occasione del confronto, fu alimentata ad arte dal circo mediatico, che per ovvi motivi di merchandising,marciò molto sulla presunta contrapposizione caratteriale tra i due atleti, apparentemente dotati di personalità antitetiche.                                                                                                                                                                                                                                     Glaciale, flemmatico, posato, soprannominato IceBorg  l’uno e iracondo, selvaggio e istintivo l’altro, la compostezza scandinava vs. l’impulsività irlandese, McEnroe era americano ma con origini europee. Il regista danese Janus Metz Pedersen, parte da quello storico match, che metteva di fronte il numero 1 e il numero 2 del ranking mondiale, per compiere poi un suggestivo viaggio all’indietro nel tempo, attraverso svariati flashback, andando a caccia della storia personale,che portò i due a diventare dei miti leggendari

Borg ha dovuto reprimere per anni le sue emozioni e sopportare forti pressioni arrivando a quella finale, dovendo affrontare non solo il suo avversario, ma anche i suoi demoni interiori.

“Giocava a tennis come se da questo dipendesse la propria vita”, era proprio questo atteggiamento a renderlo poi non tanto diverso  da McEnroe, all’epoca giovanissimo, indiscutibile talento,ma assolutamente fuori controllo, si scagliava spesso violentemente contro arbitri e lanciava insulti agli  spettatori, esorcizzando cosi le sue paure.

E la sceneggiatura di Ronnie Sandahl insiste proprio su questo, su una dicotomia così appariscente, da non essere poi vera. I due campioni avevano tanto in comune, soprattutto il bisogno smodato di vincere ad ogni costo.Peraltro successivamente diventeranno molto amici, a conferma di quanto detto.

Il film è gradevole ed efficace, perché da una parte scava nell’intimo dei due atleti, nella loro umanità, dall’altra ci regala delle piacevoli scariche di adrenalina, attraverso il racconto di quel magico incontro che sdoganò il tennis, portandolo all’attenzione di tanti, facendolo diventare uno sport nazional-popolare, laddove era sempre stato considerato di “nicchia”

Interpretazioni più che convincenti e film assolutamente emozionante

 
 
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