Regia di John Ford vedi scheda film
Considerata ( a torto) una tappa minore nell'itinerario di John Ford ( tanto da essere tuttora una delle sue pellicole meno viste e piu' sottovalutate) ma dotata di una leggerezza e di un equilibrio straordinari , questa simpatica e pittoresca commedia malinconica riesce a divertire, commuovere ed emozionare grazie a un 'abile miscela di pathos e ironia, un coacervo di buffoneria e sentimentalismo con cui il regista riesce ad alternare sagacemente sequenze di grande potenza emotiva sia comica ( il processo iniziale, dove Rogers preferisce leggere il giornale e bisticciare con suoi due ex compagni d'armi pur di assistere all'enfatica e isterica arringa dell' avvocato d'accusa, suo rivale politico, finendo col fare amicizia con l'imputato anziché arrestarlo, tralasciando l'innocente reato da lui commesso e imbastendo con lui una futile conversazione sulle varie metodologie di una buona pesca!) che drammatica (il "dialogo" astratto che il protagonista , rimasto solo, imbastisce con il dipinto della moglie defunta, tenerissimo e straziante, in cui il cineasta sembra anticipare il soliloquio di John Wayne davanti alla lapide della consorte ne "I cavalieri del nord- ovest "), beneficiando cosi' fino in fondo della poliedricità e delle capacità recitative del noto comico Will Rogers che, lasciato a briglia sciolta( durante la realizzazione del film gli venne data la libertà di improvvisare intere parti di dialogo, e la costruzione del personaggio ci guadagna!) in un ruolo a lui congeniale ha l'opportunità di sfoggiare tutta la sua verve da mattatore e le sue sfavillanti doti attoriali, eccellendo sia negli intermezzi umoristici che in quelli patetici , nei duetti ( eccezionali quelli con l'aiutante di colore Stepin Fetchit) come negli assoli ( notevole il monologo recitato in tribunale subito dopo esser stato costretto a cedere il posto a un altro giudice), offrendoci un interpretazione briosa e ricca di sfumature. Il suo tutore della legge Billy Priest è un personaggio vivo, genuino e autentico, con cui è impossibile non solidarizzare: dai metodi giuridici poco ortodossi ma disposto a tutto pur di far trionfare la giustizia e dare una mano ai deboli e agli emarginati, profondamente onesto e di vedute larghe ( in netto contrasto con il bigottismo moralistico della cognata o con la perfidia di tanta gente del posto, dedita al pettegolezzo, al disprezzo, alla violenza),scaltro e dalla battuta sempre pronta, impagabile negli ingegnosi tentativi di ricostruire il rapporto tra il giovane nipote e la ragazza che ama o quando improvvisa un canto gospel assieme alla cameriera ... Una caratterizzazione libera, accattivante e particolarmente felice, che racchiude in sè tutto lo spirito dell'opera( di cui è il punto di forza e il veicolo trainante ), il suo lato tragico e il suo lato farsesco, l'aspetto tenero e l'aspetto polemico, la realtà e la leggenda, ergendosi ad alter ego del regista stesso ( come dimostra il breve segmento iniziale prima dei titoli di testa, in cui il nostro eroe richiama all'ordine il pubblico in aula guardando in camera : proprio come se Ford rivolgendosi allo spettatore seduto davanti allo schermo cinematografico volesse ammonirlo dicendogli " Ehi, il film sta iniziando, prestate attenzione!") e facendo perdonare i pur numerosi difetti ( sceneggiatura, tratta dai racconti umoristici in parte autobiografici di Irvin S. Cobb, ingenua e a tratti approssimativa, eccessi di retorica, macchiettismo, buonismo), aiutato in questo dalla raggiante vena narrativa fordiana: l'illustre cineasta ci racconta questa storia di intolleranza, odio e incomprensioni come un nonno la racconterebbe ai propri nipoti, ovvero con onestà, partecipazione, intelligenza e sincerità, facendo convivere con maestria ammirevole la semplicità dello stile con la complessità dei temi trattati, procurandoci sorrisi ma anche critici spunti di riflessione e regalandoci un happy end dagli echi quasi fiabeschi, con i cattivi che vengono puniti e i buoni che trionfano!
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