Regia di Pupi Avati vedi scheda film
E' un incubo ad occhi aperti questo racconto horror di provincia che un Avati ancora non famosissimo scrive e dirige. In sceneggiatura viene affiancato dal fratello (anche produttore), dal co-protagonista Gianni Cavina e da Maurizio Costanzo; come protagonista sceglie invece Lino Capolicchio, non famosissimo (Il giardino dei Finzi-Contini, altra storia ambientata a Ferrara, è l'unico titolo di un certo livello da lui interpretato finora), ma funzionante. L'atmosfera di oppressione ed inquietudine che avvolge il paesello ed i suoi abitanti trova completa soddisfazione nei paesaggi di campagna e dalle giornate nebbiose e nuvolose; la tensione è ben costruita e non mancano i colpi di scena - anche se il grottesco e disturbante finale lascia un po' a desiderare, o quantomeno crea troppi dubbi e questioni irrisolvibili. Ma è una scelta dell'autore e come tale va presa: inutile farsi più di tante domande. Avati rivela il suo gusto per il macabro ed il grottesco che in quegli anni ancora lo portava a realizzare film come Balsamus, l'uomo di Satana (1970) e Zeder (1983), per poi approdare ad altri generi.
In un paesino del ferrarese arriva un giovane restauratore; si deve occupare di un affresco di un pittore 'maledetto' morto suicida molti anni prima, ma viene accolto con freddezza o addirittura ostilità. Riesce però a legare con una ragazza e con un tassista ubriacone che continua a minacciare di rivelare inquietanti segreti sugli abitanti del paese, ma non lo fa mai. Il restauratore comincia a trovare cadaveri, fra cui quello della sua amica, e tutto porta alle due anziane sorelle del pittore...
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