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La casa dalle finestre che ridono

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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Andreotti_Ciro

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La recensione su La casa dalle finestre che ridono

di Andreotti_Ciro
8 stelle
Abbandonate per una prima, ma non ultima volta, le sue ambientazioni Bolognesi Avati riesce a sfornare una pellicola fra le migliori del suo repertorio ma che s’incastona alla perfezione nel filone dei suoi ricordi d’infanzia per quanto con una deriva horror - thriller impreziosita dalla colonna sonora firmata da Amedeo Tommasi, capace di sottolineare ogni momento della pellicola fino a far sobbalzare lo spettatore sul proprio posto.
 
Basandosi su un’esperienza d’infanzia, il ritrovamento di un cadavere di donna all’interno della tomba di un parroco di paese, Avati riesce a creare una storia semplice ma dalle tinte thriller, ponendo le valli di Comacchio e la provincia della ‘sua Bologna’, entrambe usate per ambientare la pellicola, al centro di una narrazione dal sapore Felliniano. Popolando il paese, innominato per tutto il corso della pellicola, e che al calar del sole sembra uscire direttamente dalla brughiera inglese, di personaggi stereotipati. Basti pensare al parroco e all’ufficiale dei carabinieri, così come Gianni Cavina, attore feticcio del regista Felsineo, nel ruolo di un tassista alcolizzato, perfettamente interpretato e caratterizzato esattamente come ogni personaggio, che alla fine porta alla creazione di un quadro d’insieme rurale e misterioso, nel quale il corpo estraneo di Stefano: Lino Capolicchio, altro attore da sempre vicino al cineasta bolognese, passa progressivamente dall’essere accettato, all'essere sopportato, fino a essere inviso alla cittadinanza, per finire con l'essere in pericolo.
 
Avati riesce quindi a muoversi dalla sua 'comfort zone' creando un gioiello horror che all'epoca della sua uscita suscitò numerose critiche positive che lo portarono a vincere il Premio della Critica al Festival du Film Fantastique di Parigi del 1976 e che in seguito issarono la pellicola a horror - cult Italiano di riferimento degli anni '70, esattamente alla stregua delle pellicole di Dario Argento, due su tutte Profondo Rosso (id.; 1975) e L’Uccello dalle Piume di Cristallo (id.; 1970).
 
Perfetto per una serata nella 'brughiera ferrarese' ma sempre intravedendo nelle pieghe di una pellicola dei fratelli Avati quel clima di malinconia e ricordo che ne contraddistinguono il cinema.
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