Regia di John Ford vedi scheda film
Un algido colonello inglese di stanza in India viene congedato con infamia. Tornato a casa, convoca i quattro figli per organizzare la sua riabilitazione: nella valigetta ha delle prove che dimostrano la sua innocenza, ragazzi andate di là che ci vediamo fra un’ora e vi spiego tutto. I ragazzi (un avvocato, un playboy, un diplomatico e uno studente) vanno a cena. Bang Bang, l’algido colonello viene ucciso e i preziosi documenti scompaiono. I ragazzi non si scompongono e iniziano a girare il mondo per vendicare la memoria del padre. Ci si mette di mezzo anche una giovane, bella e sana ragazza americana che è innamorata di uno dei quattro. Finirà nel migliore dei modi ma ne verrà fuori uno dei film meno interessanti di John Ford. Gli ingredienti ci sarebbero pure tutti, il fatto è che sono troppi e male amalgamati fra loro. A metà strada fra il filone coloniale, la commedia sofisticata e i film di cappa e spada, fra difesa dell'onore e cameratismo con in più un pizzico di giustizialismo (un massacro di inermi peones che non solo si fanno ammazzare, ma riescono a fare anche la figura del coglione), oscilla senza controllo fra le troppe anime che gli battono dentro: quando si dovrebbe ridere diventano improvvisamente tutti seri, la tragedia viene annullata da una battuta fuori posto. I personaggi sono deboli: la giovane americana, intrepretata senza infamia e senza lode da una Loretta Young a cui spetta il primo nome sul cartellone, si muove nella sceneggiatura senza alcun rispetto per la relazione causa effetto (tipo assistere al massacro di cui sopra, urlare sconvolta e immediatamente dopo mettersi a fare la gattina con un fidanzato che forse non sarà impotente, ma sicuramente non è sveglio). Dei quattro fratelli si salva solo David Niven: personaggio scontato, d’accordo, ma recitato con tutto il carisma che aveva quell’attore. Si salva anche C. Aubrey Smith, vera icona del potere inglese a Hollywood durante gli anni trenta, ma solo perché il suo personaggio muore praticamente subito. Ma se c’è una cosa che non possiamo perdonare a John Ford, che poi era il primo a non amare questo film, è la figura barbina che fa fare a John Carradine: nei panni di un improbabile generale Adolfo Arturo Sebastian riesce a vincere il premio per il cattivo meno credibile di tutta la storia del cinema. John Carradine, quello a cui bastava fare una smorfia e l’operatore di ripresa se la faceva sotto anche se lo conosceva da quindici anni. È inutile, i grandi sono grandi. Quando a John Ford un film veniva male, veniva male davvero. E questo Four Men and a Prayer, ahime, ne è la dimostrazione.
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