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La maledizione della mosca

Regia di Don Sharp vedi scheda film

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La recensione su La maledizione della mosca

di mm40
3 stelle

Figlio e nipote di scienziati pazzi, Martin Dalambre prosegue in gran segreto con gli esperimenti di famiglia; l'obiettivo è teletrasportare oggetti e persone, anche se negli anni i tanti tentativi falliti hanno prodotto una serie di creature mostruose, segregate in casa Dalambre. Finché un giorno Martin decide di sposarsi, ma anche di tenere nascosti i suoi esperimenti alla nuova arrivata in casa.



Terzo e ultimo capitolo delle disavventure dei Dalambre, dinastia di scienziati pazzi destinati a rovinare implacabilmente a causa dell'eccessiva presunzione, di quella volontà di sostituirsi a Dio che inevitabilmente nel corso della Storia ha punito l'uomo ogni qual volta ha osato troppo. Indubbiamente peggiore del primo (The fly, in Italia L'esperimento del dottor K, uscito nel 1958), ma in qualche modo migliore del secondo capitolo della saga (Return of the fly, vale a dire per noi La vendetta del dottor K, dell'anno seguente), questo La maledizione della mosca è un horror vecchio stile – più tensione che paura vera e proprio – dalla trama stereotipata e dotato di effetti speciali a dir poco risibili, ma che comunque gode di una linearità narrativa più precisa e piacevole rispetto al precedente titolo della trilogia. Don Sharp, il regista, aveva già qualche esperienza nel genere (Il mistero del castello, 1963; Witchcraft, 1964); la confezione di per sé non è male, sebbene la storia faccia acqua in più parti e certe scelte lascino abbastanza interdetti, come ad esempio per quanto riguarda il casting: Jeremy Wilkin (poco più che trentenne) truccato pesantemente per sembrare un ispettore di polizia anziano e perciò più rispettabile, oppure Yvette Rees costretta a fare la cinese nonostante non abbia nulla di asiatico nei tratti (!). Su certe svolte inspiegabili della storia (perché Martin spedisce via in tutta fretta il padre e Albert non tenta di fermarlo in alcun modo?) è inutile soffermarsi, anche se un minimo di credibilità serve per forza di cose anche a una storia di pura fantasia come questa; sceneggiatura: Harry Spalding. 3,5/10.

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