Regia di Stanley Kramer vedi scheda film
Il film si regge sulle interpretazioni e sull'intensità degli argomenti trattati, ma il testo è assai esile.
Per un medico più che per ogni altra categoria professionale, il confine tra l'ambizione personale e la tensione verso la salvezza del genere umano è molto labile, se non proprio invisibile. E' il grande dilemma della medicina, visto con toni più gotici ne La iena di Robert Wise: l'atto medico è un'egoistica autorealizzazione del sé o un generoso slancio di altruismo verso il prossimo? Con una sceneggiatura invero non esaltante, Stanley Kramer dà voce a queste domande, senza pretendere di fornire anche le risposte. Il protagonista che incarna tutte le contraddizioni dell'essere medico è Lucas Marsh (Mitchum), l'unico tra i suoi compagni di corso che senta il peso del compito, o meglio della missione, che gli è stata affidata. Lucas è un idealista. E' circondato da giovani che nel futuro vedono, alternativamente, o un lavoro senza preoccupazioni (l'aspirante dermatologo), o un lavoro che non manca mai (ostetricia, ramo delle malattie virali), o un lavoro redditizio (chirurgia=Bentley da 17mila dollari del 1955), o un lavoro in zone dove i pazienti pagano bene (Beverly Hills, Colorado Springs). Nessuno di questi ha come fine ultimo il benessere del malato, ma il proprio. Lucas, invece, con spirito missionario da buon samaritano, quasi a voler dimostrare di essere migliore di altri (e non è questo, un segno di superbia malcelata?) sceglie di recarsi a esercitare in un posto di campagna, dove i pazienti pagano con le galline, il lavoro è 24 ore su 24 e di impedimento alla sua vita matrimoniale, le soddisfazioni grame. Tuttavia anche la carriera dell'irreprensibile Lucas si regge su un primigenio inganno: egli ha sposato una donna più grande che non amava (la de Havilland) solo perché ella pagasse la sua retta. Rifiuta di avere dei figli che possano intralciare il suo lavoro, e verso la moglie prova solo stima in quanto ottima infermiera. E così, mentre i suoi amici vedevano alla medicina come un mezzo per realizzare i loro scopi utilitaristici, Lucas vede a ogni cosa come un mezzo per concretizzare il suo sogno di onnipotenza, salvare il genere umano. Più nobile forse nei fini, non meno deprecabile nei modi. Quello su cui cammina Lucas è un filo molto sottile che si spezza quando la moglie lo abbandona, ma soprattutto quando per la prima volta sperimenta l'onta del fallimento. Il suo empito superomistico viene schiacciato. L'uomo ha paura di restare solo.
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