Regia di Robert Bresson vedi scheda film
Uno dei migliori film di Bresson, "Une femme douce" risulta anche uno dei migliori adattamenti cinematografici dall'opera di Dostoevskij (tratto dal racconto La mite) : esplora in profondità il rapporto marito- moglie costruito secondo una logica di possesso e sfruttamento (il marito gestisce un banco dei pegni e riversa la sua avidità anche nel rapporto con la moglie, nevrotizzandola e portandola lentamente al suicidio). Fotografia a colori, per la prima volta nell'opera del regista, struttura a flashback (con il marito che rievoca le vicende coniugali parlando alla governante di fronte al cadavere della moglie), medesima intensità di personaggi ed atmosfere; anche l'uso della voce fuori campo non stona ed è giudiziosamente amministrato. Primo film di Dominique Sanda, giovane e bellissima ma anche molto brava pur essendo indotta a recitare secondo le direttive di Bresson che prevedeva una recitazione spoglia e stilizzata da parte dei suoi interpreti non-professionisti; al suo fianco non sfigura lo sconosciuto Guy Frangin. Il racconto dello scrittore russo si è rivelato il mezzo ideale per una nuova trascrizione della visione bressoniana della vita e del mondo, sempre più amara e disincantata in questa fase matura : adesso non c'è più il conforto della religione (eloquente l'immagine di un crocifisso portato al banco dei pegni in cui il corpo del Cristo viene separato dalla croce) ma soltanto l'inferno dei viventi, da cui la protagonista decide di uscire in modo traumatico. Questa "femme douce" è una donna che vive secondo un proprio codice morale e decide di andare nella direzione opposta a quella della società materialista che la circonda, a costo di un terribile isolamento interiore; tuttavia, nella sua scelta di morire non c'è una sconfitta, ma una dichiarazione di estraneità alle regole del mondo circostante che la rende una tipica eroina bressoniana.
voto 9/10
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