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Windstorm - Ritorno alle origini

Regia di Katja von Garnier vedi scheda film

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La recensione su Windstorm - Ritorno alle origini

di giurista81
5 stelle

Katja von Garnier, già regista dei primi due episodi della serie Windstorm e reduce da un film documentario incentrato su uno dei più famosi gruppi rock del movimento tedesco ossia quegli Scorpions che candavano Wind of Change - Il Vento del Cambiamento (Scorpions - Forever and a Day), cerca di rendere più originale la terza uscita del suo lavoro di maggior successo, spostando la narrazione dalla Germania all'Andalusia, nei pressi della maestosa Cadice. L'obiettivo viene centrato solo in parte, per effetto di scenografie più solari e di maggiore impatto architettonico (belle le scene nel crocivia di culture offerto da Cadice, luogo in cui cultura occidentale e araba garantiscono un mix di sicuro fascino visivo). Il tutto funge tuttavia da cornice a un copione, in verità, lento nello sviluppo e di nuovo destinato a sfociare nell'ennesima prova di salvezza che vedrà Mika e Windstorm, questa volta da "scosso", trasformarsi in esecutori materiali per l'interesse collettivo equino e contro la speculazione edilizia e l'avanzata del progresso scriteriato di uomini senza scrupoli e dal cuore depauperato dai sentimenti. Confermato lo spirito fortemente naturalista, qua infarcito da una spiccatissima dose di retorica, sconfinante in una poesia che deborda dalla realtà per dipanarsi in un qualcosa molto più vicino alla fiaba. Infatti, completata l'opera di salvezza e visitati i luoghi in cui Windstorm ha mosso i suoi primi passi, Mika deciderà di lasciare il suo inseparabile destriero (valore 600.000 euro!!!) nell'allevamento in cui ha visto la luce, per permettergli di vivere libero nella mandria di cavalli tenuti allo stato brado da una sorta di maga equina; il tutto in nome di un amore che va al di là di quello che lega l'uomo all'animale e che insegna che amare l'altro vuol dire fare la cosa che più ne decreta la felicità. Un insegnamento senz'altro corretto che pone il vero amore in perfetta antitesi all'atteggiamento di egoismo che spesso si maschera per affezione distorta.

Amplificate, grazie all'introduzione di un personaggio nuovo che permette a Mika di comprendere sempre più il dono di cui è portatrice, le capacità sensitive della protagonista utili a evidenziare una sensibilità anteposta alla razionalità, a conferma di uno spirito del film fortemente animalista che si ribella alle logiche dettate dal contesto sociale (maneggi, speculazione edilizia, oltraggio alla natura) e che propone al modello tipico del cavallo al servizio dell'uomo il suo esatto contrario. Tra le novità si assiste alla nascita del primo puledrino generato da Windstorm. Il cavallino viene partorito dalla cavalla dal mantello bianco già vista nel secondo episodio e che, piuttosto incomprensibilmente, muta il nome da Trentatrè a Trentaquattro. 

Dal punto di vista tecnico si nota l'ampio ricorso dei droni e un montaggio serrato costituito da tante brevi inquature messe in rapida sequenza per rendere più frizzante la visione. Meno interessante, a mio modo di vedere, sul versante dei contenuti. Gli sceneggiatori operano una semplificazione assai marcata (la protagonista praticamente si sposta dalla Germania all'Andalusia a cavallo, galoppando lungo la costa Atlantica), spostando la narrazione più in un contesto metaforico che realistico.

Alle prove tipiche dell'equitazione, leit motiv dei primi due episodi, si sostituisce una storica corsa andalusa caduta di moda, la corsa di "Ora", e riproposta, dopo trent'anni di oblio, col fine di ottenere una tutela culturale dal governo spagnolo indispensabile a salvare l'area dalle ruspe e dai progetti di un sindaco più attento alla moneta che alla salvaguardia delle tradizioni. Buona l'idea, ma resa non troppo spettacolare. Windstorm viene proposto in un look quasi da cavallo indiano con trucco blu, giallo e rosso pitturato sul mantello.

Due termini per definirlo: apologia animalista. Avrà un quarto episodio, sottotitolato Il Vento sta Cambiando, affidato alla regia di Theresa von Eltz, giovane regista reduce dalla direzione della pellicola Four Kings.

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