IL CINEMA AI TEMPI DELLA QUARANTENA
Due giovani sposi, andati ad abitare in un quartiere moderno di nuova edificazione, si trovano ad affrontare problematiche inerenti il moderno ma piccolo appartamento: circostanza che li costringe a mettere in vendita un enorme tappeto giallo, ricevuto dagli sposi in dono dal padre della ragazza.
Costei, tra l'altro, di notte viene colta dal marito a parlare nel sonno, pronunciando frasi inquietanti inerenti proprio il padre.
Intanto, proprio il giorno in cui deve sopraggiungere un acquirente dell'ingombrante e vistoso arazzo, il marito corre in strada per la minaccia di una possibile multa alla propria vettura, e fa perdere le tracce di sé.
L'acquirente si materializza in un inquietante, bizzarro anziano, che poco per volta manifesta atteggiamenti violenti, tanto da terrorizzare la padrona di casa che, in un momento di raptus, colpisce l'uomo con un coltello, abbattendolo.
Interverrà poi una donna che, bussando alla porta, si qualificherà come la moglie dell'uomo, che verrà accolta, ma poi allontanata, in un crescendo di suspence da cui iniziano a trapelare i veri, misteriosi motivi e le relative straordinarie spiegazioni di un intrigo davvero diabolico, congeniato in modo contorno, ma non senza che si riveli pieno di sorprese.
Liberamente tratto da una pièce di Aldo Selleri intitolata Teatro a domicilio, La casa del tappeto giallo ci restituisce un Carlo Lizzani insolitamente impegnato in un giallo beffardo ed incalzante in grado di creare il giusto grado di suspence, grazie anche ad una piccola squadra di attori bravi e coerentemente sopra le righe.
La scelta di Lizzani, per quanto riguarda il cast, è variegata al punto da potersi sulla cart considerare zzardata, ma alla fine il cast finisce per rivelarsi opportuno e funzionale: la presenza più originale consiste nella rohmeriana Beatrice Romand (attrice feticcio di Eric Rohmer almeno quanto Marie Rivière), che qui veste i panni della giovane protagonista e proprietaria del tappeto al centro del contendere; il marito è interpretato da Vittorio Mezzogiorno, qui in un ruolo solo apparentemente defilato; il folle che poi non tanto folle non sembra essere (ma le apparenze ingannano assai) è lo svedese bergmaniano Erland Josephson, perfetto con quel suo sguardo al limite di ogni follia omicida. Milena Vukotic, qui quasi inedita femme fatale, è la apparente consorte del pazzo acquirente.
Presentato alla Quinzaine des Réalisateur del Festival di Cannes nell'anno dell'uscita il sala, il film è sempre passato piuttosto in sordina, dimenticato presto e snobbato dai più. Ma resta evidente che il giallo, per quanto strambo e machiavellico, possiede quella sua forza intrigante che lo rende un prodotto insolito ma godibile.
Lo avesse diretto Dario Argento un film del genere, a partire dal lontano 1987 di Opera, forse il suo ultimo dignitoso prodotto prima dell'abisso senza fondo in cui il maestro è piombato inesorabilmente!
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