Regia di Antonio Padovan vedi scheda film
Ah!, un po' di ossigeno!, altro che anidride carbonica!
Primizie TriVenete (esordi del Nord-Est) : Antonio Padovan (1986) - "Finché c'è Prosecco c'è Speranza" (2017) -- Matteo Oleotto (1977) - "Zoran, il Mio Nipote Scemo" (2013) -- Marco Segato (1973) - "la Pelle dell'Orso" (2016).
"Signor(ott)e e Signor(ott)i" in Collina (l'arco pedemontano, da Asolo a Conegliano, che sorge dalla pianura trevigiana), ovvero: “Lei si è rimessa a posto, cioè, adesso fa la puttana...”.
[Innanzitutto chiedo scusa e perdono in anticipo per le trite e ritrite metafore ed allegorie eno-vitivinicole presenti nella pagina.]
Dal grappolo (eh si, iniziamo, così) di motivazioni e sottotrame dell'omonimo romanzo di partenza del 2010 di Fulvio Ervas (Musile di Piave, 1955), edito come tutte le opere dell'autore da Marcos y Marcos, e prefatto da Margherita Hack - nel quale, ad esempio, la figlia del conte non si limita a vagare nell'indecisione (ed è forse la parte più debole e irrisolta del film) ma escogita empie sradicanti scempiaggini -, l'esordiente nel lungometraggio, dopo una serie di corti, regista (qui: tanto stilisticamente quanto contenutisticamente quasi non una sola inq.ra brutta, inutile o stanca) e sceneggiatore veneto-newyorkese Antonio Padovan (1986), estrae (la casa di famiglia, e la stanza e la giacca del padre che la madre erse a santuario, museo, diorama di ciò che fu), assieme allo scrittore stesso e al tocco di Marco Pettenello [co-sceneggiatore per/con Carlo Mazzacurati (tra cui, ça va sans dire, “la Giusta Distanza”), Andrea Segre, Silvio Soldini, e "Zoran, il Mio Nipote Scemo"], il succo - ma forse non il completo bouquet d'aromi [ecco, con questa ho toccato il fondo: direi (an)che basta] - e lo fermenta (aridaje) grazie al direttore della fotografia [c'è praticamente solo un momento un poco forzatamente e smaccatamente pro-lochese, paradossalmente “fuori” luogo, quello costituito da una veloce (quasi violenta: e qui sta la sua salvezza) commistione di carrellata e panoramica a schiaffo verso sinistra contenuta nella scena del brain-storming d'ispettore e due vice a base di pane e salame all'osteria/rifugio fai da te] Massimo Moschin (esordiente anch'esso), al montatore Paolo Cottignola [anche qui, una questione di (ricerca di) eredità: da tutti gli ultimi Ermanno Olmi e Carlo Mazzacurati (compreso ovviamente il bellissimo e fondamentale già mai citato abbastanza “la Giusta Distanza”) a “la Pelle dell'Orso” di Marco Segato, altro recente esordio Tri-Veneto (aggettivo/sostantivo) rimarchevole], alle scenografie di Massimo Pauletto (“il Racconto dei Racconti”), alle musiche del Maestro (e se non lo è, lo faranno) Teho Teardo e a quelle di Diego Mancino (“Avere Ragione”, la canzone dei titoli di coda), e a gran parte del cast: Giuseppe Battiston (non servono parole), Teco Celio (non bastano parole), Roberto Citran (questi primi tre già assieme per battezzare un altro rimarcabile esordio di questi anni proveniente dal Nord-Est italico, quello di Matteo Oleotto con il già citato “Zoran, il Mio Nipote Scemo”; e già che ci siamo facciamo ancora un po' di nomi: Zona di genere e/o geografica e/o esorditiva: “la Ragazza del Lago” di Andrea Molaioli, e poi: Lorenzo Bianchini, Alessandro Comodin, Alberto Fasulo, Andrea Segre...), l'ottima, grandissima Gisella Burinato (dal Piccolo Teatro a tutto il Marco Bellocchio - che divenne suo marito - anni '70, e Agosti, Archibugi, Zanasi), la brava Silvia D'Amico (“il Rosso e il Blu”, “Orecchie”, “Non Essere Cattivo”), la simpatica Liz Solari, un encomiabile Babak Karimi (“Caos Calmo”, “la Linea Verticale”), un classico Rade Serbedzija (una filmografia infinita, tra cui “Io Sono Li” del già summenzionato Andrea Segre, anche se per me, e grazie tante, è e resterà sempre il Milich di “Eyes Wide Shut”) e un sempre “spaventoso” cameo di Vitaliano Trevisan (“Primo Amore”).
Prodotto da K+ (“In Fondo al Bosco”) e distribuito da Parthenos (“Belluscone”, “un Posto Sicuro”, “l'Ordine delle Cose”).
Per qualche nozione in più di trama e contesto geografico - e non solo per questo - si veda la bella recensione di @M Valdemar, autoctono/indigeno/guida turistica/import-export del posto.
Sedimenti.
- Intorno al o meglio poco prima del minuto 18 è rimasto attaccato alla pista sonora uno sbuffo fuoricampo della doppiatrice all'altro capo del telefono.
- Molto carina la locandina che riprende il sempiterno logo del Giallo Mondadori (ne esiste una - vedi IMDb - con gli accenti gravi e acuti invertiti).
Retrogusto:
- Ripeto: quasi non una sola inq.ra fuori posto, superflua o pesante. E molte delle scene migliori contengono un retroterra accennato che lo spettatpre può sbrogliare e sovrascrivere da sé.
- Più irritante delle metafore eno-gastronomiche vi è solo l'(ab)uso dei droni, qui invece la scena che utilizza i mini aeromobili a pilotaggio remoto è ottimamente girata.
Soluzioni.
- Per esclusioni (lei no, lui no) ci si arriva a ¾, per indizi da "grossolana" caméra stylo a indice puntato ci si giunge a ½.
Ordunque, siamo lontani anni luce dallo scarto di frizzante piscio gassoso di diabetico (d'altronde si va dal Brut al Dry e non ci si spinge più in là) fotosintetico. Un brindisi, allora! [Giuro, la smetto. Ecco: fatto.]
Urge però, e presto, avere un'ulteriore pacatamente spumeggiante indagine/avventura dell'ispettore Stucky, mezzo persiano e mezzo (pur poco) spritz, che tratti – perché mentre qui la battaglia è semplificata e ridotta ad uno scontro binario fra cementificazione industriale inquinante vs. vigneti, nella realtà sono gli stessi vignaioli, qui pittorescamente rappresentati nella sfilata dell'intabarrata combriccola massonica al funerale del conte, che in parte contribuiscono al degrado del (loro) territorio – dei fitofarmaci/pesticidi/anticrittogamici della mafietta del prosecco.
La ruggine, nonostante il verderame e lo zolfo, non si ferma: finché c'è - assieme a vapore acqueo, bi/di-ossido di carbonio e anidride solforosa - ossigeno - un veleno vitale (misto a PFAS e altri tensioattivi in acqua e suolo, e polveri sottili, ceneri e asbesto nell'aria) - c'è speranza.
[Cristo santo, sono riuscito a terminare la pagina senza scrivere “Bollicine”.]
* * * (¼) ½
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