Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
Guadagnino nel suo Suspiria, invece di ricreare il cult di Argento, preferisce reinventarne i temi, da quello della danza, a quello del potere femminile, vincendo la sfida tramite uno stile visionario magistrale, che esplode in un eccessivo gran finale granguignolesco. Sul cast ricco di giovani star, torreggia l'eleganza statuaria di Tilda Swinton.
Rivisitazione personale, e non mero remake, del horror di culto di Dario Argento del 1977, che afferma averlo segnato in età adolescenziale (“ero terrorizzato ed euforico per il suo coraggio folle, la sua audacia formale, la musica, il potere evocativo del concetto di streghe”) il Suspiria di Luca Guadagnino è composto di sei atti e un epilogo. La sua protagonista (Dakota Johnson)è Susie, giovane americana che si iscrive alla prestigiosa Helena Markos Dance Company. Come nell’originale, scomparse misteriose, riti sacrileghi e condotte schizofreniche e sadistiche infestano i corridoi, i dormitori e le sale di prova dell'istituto, esiti dei complotti orditi dalle streghe, che vestono le mentite spoglie di insegnanti di danza.
Ambientato nella Berlino divisa del 1978, con il Muro a far brutta mostra di sé proprio di fronte all’ingresso dell’accademia di danza, l’atmosfera è pregna di riferimenti alla più tetra attualità dell’epoca ,con le macchie degli orrori del nazismo ancora ben vivide, con il presente segnato dal terrorismo di RAF e Baader-Meinhof, alle cui file si sospetta si sia unita Patricia (Chloë Grace Moretz), una allieva fuggiasca. La rigida e carismatica insegnante Madame Blanc (Tilda Swinton), oggetto di timore reverenziale e devozione da parte delle allieve, sceglie la talentuosa Susie come protagonista di Volk, il pezzo forte del repertorio dell’accademia, di cui la stessa Blanc è acclamata coreografa. Susie va a sostituire un’altra allieva, Olga, che come Patricia risulta ufficialmente aver abbandonato la scuola, mentre in realtà ne abita le segrete stanze, deformata da un maleficio che ne contorce le membra in oscena simmetria con l’impeccabile saggio di Susie. La vicenda parallela dell’anziano psicologo che aveva in terapia Patricia, e della scomparsa della moglie durante la Seconda Guerra Mondiale, su cui tuttora l’uomo non smette di interrogarsi e tormentarsi, si interseca con gli eventi all’interno della scuola, che prendono una piega sempre più inquietante e spaventosa.
Guadagnino nel suo Suspiria, invece di ricreare il film di Argento, preferisce reinventarne i temi, da quello della danza, come mezzo espressivo anche dei lati più tenebrosi dell'inconscio, a quello del potere femminile, con il regista che dichiara di essersi ispirato al femminismo degli anni 70 per rievocare la figura archetipica della strega. Guadagnino rende ancora più totalizzante l’aspetto femmineo, dato che la scuola dell'originale ospitava anche ballerini maschi, mentre quella di Guadagnino è esclusivamente per ragazze, e dichiara il suo intento femminista affermando il suo desiderio che gli spettatori “vedessero l’estremo potere delle donne, che sono così forti e motivate. Non sono vittime. Sono complesse, fantastiche, inquietanti, potenti, a volte malvagie”.
Dal punto di vista tecnico, Gudagnino si avvale, come in Call Me By Your Name, del direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom, per evocare per immagini sentimenti che spaziano dall’ammirato al disturbante fino al disgustoso. Quando le ragazze si esibiscono, è una espressione primaria di potenza calibrata e agilità ipnotica, che travolge grazie ad un montaggio perfetto ed incalzante. Soprattutto impressiona la danza-saggio di Susie in parallelo con la possessione di Olga. Mentre gli spasmi della tensione e dell’impegno attraversano le sue membra nelle loro movenze perfette, altri spasmi, uguali e simmetricamente contrari, devastano e mutilano orrendamente il corpo della sventurata Olga, nello splendore abbacinante di una sala degli specchi.
Il colore che segnala pellicola è ovviamente il rosso, all’inizio concentrato nella lunga treccia fiammeggiante di Dakota Johnson che spicca nel plumbeo grigiore della piovosa atmosfera berlinese, poi si impone nelle corde che avviluppano le danzatrici nella forsennata coreografia di Volk, e che esploderà senza più alcun limite nel gran finale imbevuto di sangue. La visionarietà di Gudagnino trascende ogni limite proprio nel sabba finale, orgia granguignolesca di sangue e orrore, climax volutamente eccessivo, concepito per disorientare e financo disgustare lo spettatore.
La colona sonora, firmata dal frontman dei Radiohead Thom Yorke, crea un inesorabile senso di melancolia.
Sul cast femminile di prim'ordine, praticamente tutto al femminile nei ruoli principali (occhio : tutto al femminile nei ruoli principali!), rinfrescato dalle giovani star Dakota Johnson, Mia Goth e Chloë Grace Moretz, torreggia l’eleganza statuaria di Tilda Swinton, attrice feticcio del regista.
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