Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
«Gloria e vita alla nuova carne!»
Stando alle fantasie e collisioni filmiche del sottoscritto, Suspiria sembrerebbe quasi essere l'impossibile incontro-scontro tra "The Lords of Salem" e "mother!" diretto o, meglio, dirottato da Roman Polanski. Oppure, perché no, un "Society" girato o, meglio, capovolto da David Cronenberg. Insomma, come lasciano intuire i vari (ed improbabili) paragoni sopracitati, Suspiria è una matrioska filmica, un vaso di pandora cinéfilo. Un'opera(zione), appunto, a dir poco stimolante. Per chi scrive, uno dei lavori più conturbanti e velenosi visti negli ultimi anni, nonché uno degli horror più intelligentemente stratificati, complessi ed importanti del decennio, sotto più punti di vista (cinematografico, culturale, storico, artistico, linguistico, politico, etc).
Suspiria è un lungometraggio di una sensibilità orrorifica e registica incredibile; di una raffinatezza sepolcrale quasi inaccettabile.
Suspiria è, soprattutto, un'opera spiazzante.
Un film, in un certo qual modo, dagli intenti "reygadasiani", proprio perché, come quello del regista messicano, è Cinema del futuro, proiettato verso di esso. In avanti, anzi, in alto. Come un salto. È il nuovo che inesorabilmente avanza e ammazza il vecchio, come avviene, appunto, nella strage finale presente nel film, che sembra quasi una sequenza da cinema muto (ecco, il vecchio) il quale compie l'ultimo spasmo, che tinge l'immagine di rosso, un rosso sovversivo, iniziatico e, in un certo qual modo, "caraxiano" (ecco, il nuovo).
Quindi, un'inevitabile e salvifica stregoneria cinematografica che condannerà lo spettatore alla salvezza dello sguardo, ovvero all'aggiornamento della memoria, facendo sì che il pubblico dimentichi, di conseguenza, il vecchio, per lasciar spazio al nuovo. Ad un nuovo modo di vedere. Ad un nuovo dio-demone. The neon demon. Il tutto, appunto, si muove e contorce under the skin. La narratività implode e si accartocia su se stessa. E ancora una volta, si attende lo shining, la luccicanza della luce dopo le tenebre; del post tenebras lux. Dell'arte che avanza. Avanza. Avanza in uno stato di semi-coscienza, attraverso una danza onirica E poi silencio. Silencio.
Menzione (più che) speciale alla colonna sonora di Thom Yorke, che ha la serpeggiante capacità di rendere il film di Guadagnino ancora più oscuro ed insidioso; e alla plumbea precisione dell'ambientazione, che ha riportato alla mente del sottoscritto l'ambiguità e la cupezza della Germania raffigurata in "Possession" di Zulawski.
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