Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
Premessa: non andate a vedere questo film con l’idea o l’intenzione che state per vedere l’omaggio o, come è stato erroneamente pubblicizzato, il remake del famoso e omonimo film di Dario Argento. Se riuscirete a fare questo allora vi godrete un buon film, in caso contrario la delusione sarà enorme.
Luca Guadagnino prende la trilogia delle madri di Dario Argento (Suspiria, Inferno e La Terza Madre) e la trasforma in una pellicola che non c’entra niente con le precedenti e che sembra avere solo l’intento di omaggiare, il regista romano ma da cui finisci per discostarsi ampiamente.
La sua pellicola, arricchita da una fotografia superlativa (sono riuscita a collocare storicamente il film senza avere nessun riferimento), che ci illustra una Berlino post-post-bellica ma che ancora psicologicamente ancora possiede i tratti del tempo bellico che è stata sconvolgente, suscita emozioni uguali e contrarie. Se inizialmente affascina per l’armonia che si intravede tra immagini, dialoghi e musiche, si passa poi alla sorpresa generata da alcune inquadrature davvero artistiche per poi cadere nell’incomprensibile, nei minuti finali della pellicola in questione.
Non ho ritrovato la suspense che nel film di Argento non solo era onnipresente, ma in certi punti si elevava allo stremo diventando vera e propria paura. Guadagnino opta per una forma di rappresentazione più artistica dove musica e danza sembrano farla da padrona e creano un vortice di sensazioni che si discostano dalla pellicola originale e che finiscono per rendere quest’ultimo lavoro del regista siciliano unico nel suo genere.
Avvalendosi di un cast di comprimarie, tutte donne, riesce a donare alla pellicola la delicatezza e al contempo lo sguardo truce che si genera dalla lotta per primeggiare o dall’unione mentale di due o più donne. Dakota Johnson è bravissima nel ruolo della novella allieva Susie Bannion, possiede il candore e l’ingenuità necessaria al ruolo.
Tilda Swinton poi, merita un capitolo a parte. Incantevole e degna di stima già per il doppio ruolo di madame Viva Blanc, che interpreta con immensa classe e quello di Helena Markos, che compare comunque solo alla fine del film, sembra che il suo volto e la sua immensa recitazione si nasconda anche dietro il trucco del Dr. Jozef Klemperer, del cui interprete non si sa davvero nulla, se così fosse la Swinton acquisterebbe ancora più spessore di quanto già non abbia dimostrato di avere.
In conclusione, il film di Guadagnino conquista per la messa in scena artistica e per la musica coinvolgente che, insieme all’immensa fotografia, di cui sopra, regalano alla pellicola lo spessore che altrimenti, se si fosse avvalsa solo di una sceneggiatura comunque ben riscritta, rischiava di perdere credibilità e appeal negli ultimi dieci minuti di film, laddove succede tutto per non succedere poi nulla. Un finale non degno della pellicola che sembrava voler essere. Peccato.
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