Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
Premessa n.1: "Suspiria" di Guadagnino andrebbe visto più di una volta per esprimere un giudizio sensato, che potrebbe anche cambiare in futuro, ma poichè non credo di rivederlo a breve per ora mi accontento di questa mia impressione "a caldo".
Premessa n.2: non sono fra i detrattori prevenuti di Guadagnino e sono stato fra gli ammiratori di "Chiamami col tuo nome", un pò meno di "Io sono l'amore".
Suspiria è un'operazione quantomeno singolare, perchè vuole essere un omaggio più che un remake del film considerato da molti il miglior lavoro di Dario Argento. Mi piace la definizione di Silvio Danese che lo ha definito "una reinvenzione speculativa". E' un film che partendo dalla sceneggiatura di Argento e Nicolodi vuole parlare non solo di streghe, ma anche della società tedesca, della Storia come un circolo chiuso di sofferenza e malvagità che continua ad essere perpetrato, della psicanalisi come possibile liberazione ecc. In una durata impegnativa di due ore e mezza, Guadagnino aggiunge molte cose che nel film di Argento semplicemente non c'erano, rimescola abilmente le carte, sceglie una fotografia molto diversa da quella di Tovoli che andava in direzione espressionista, mentre qui i colori sono desaturati, spenti e plumbei. E' un film curatissimo nei dettagli, con una regia affascinante nel suo controllo dei movimenti di macchina, con gli zoom e le plongée che hanno un senso preciso e non sono certo gratuiti, dove uno dei referenti d'obbligo è Fassbinder, con il suo universo melodrammatico di donne sofferenti e quelle inquadrature di specchi che ce lo riportano immediatamente alla memoria. Guadagnino vuole parlare di tante cose, forse perfino troppe, ma la sceneggiatura ha una densità tale da poter affrontare anche gli impegnativi riferimenti all'Olocausto associati al personaggio di Jessica Harper? I numerosi flashback che ci espongono vicende parallele come quella della madre di Susie in certi casi aggiungono una certa impressione di confusione, come se il regista perda almeno in parte la bussola volendo inseguire troppi fili diversi allo stesso tempo. E poi, la caduta più clamorosa a mio modesto parere è nella scena del sabba nel quinto atto, dove Guadagnino affronta esplicitamente quelle suggestioni horror che nel resto del film sono spesso assenti, ma in una maniera troppo esteriore, eccessiva nel suo kitsch volutamente ricercato, con la strega Helena Markos che sembra una parodia di quella di Argento e dialoghi poco convincenti, nonché effetti visivi ugualmente piuttosto dozzinali. Una caduta che purtroppo compromette almeno in parte gli esiti del film, che invece altrove brilla per ricercatezza e suggestione visiva, con le scene di ballo tutte ottimamente realizzate, in particolare quella del “Volk” che rimane anche particolarmente inquietante per effetto delle musiche di Thom Yorke. Nel cast ho ammirato Tilda Swinton nella parte di madame Blanc, che sembra una copia di Pina Bausch, mentre non avevo proprio capito durante la visione che fosse lei ad interpretare la parte del dottore, con un colpo di alta acrobazia istrionica che tutto sommato funziona; Dakota Johnson non mi ha impressionato anche perché lo spazio che le viene riservato non è molto e ha una presenza scenica corretta ma non memorabile, buone le prestazioni delle comprimarie, fra cui si rivede qualche vecchia gloria tedesca ormai invecchiata come Angela Winkler o la fassbinderiana Ingrid Caven. In conclusione, è inferiore o superiore rispetto all’originale? Sospendo il giudizio, ma è un film che nonostante i risultati mediocri al botteghino non merita di essere frettolosamente archiviato.
Voto 7/10
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