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Suspiria

Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film

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La recensione su Suspiria

di supadany
8 stelle

Venezia 75 – Concorso ufficiale.

Suspiria di Dario Argento è un’allucinazione non replicabile, un sussulto tanto semplice per narrativa quanto efficace nella resa, con i cromatismi esasperati di Luciano Tovoli e un’essenza del terrore che non aveva bisogno di troppi giri di parole per scaraventare all’inferno. Conquistò il mondo, basti ricordare che a Tokyo, quando fu proposto per la prima volta, riempì uno stadio, ed è un oggetto sacro, frutto di venerazione.

Metterci mano pareva come minimo impudente ma Luca Guadagnino ha compiuto il miracolo. Ha sfidato dichiaratamente il plotone di esecuzione che lo attendeva al varco e ha promosso una rivisitazione personale oltre ogni previsione, che esonda per le suggestioni che raggruppa, mettendo in luce una consapevolezza e un’autorevolezza quasi commoventi, soprattutto se pensiamo al panorama asfittico delle nostre produzioni, con anche i pochi autori di punta che abbiamo, incapaci di intrattenere un dialogo fruttifero con una platea internazionale.

Comunque vada, Luca Guadagnino guarda oltre (il suo carnet è sovrappopolato d’impegni, tutti lo vogliono e ha già in programma un film con Jennifer Lawrence come protagonista).

Berlino, 1977. Susie Bannon (Dakota Johnson) arriva a Berlino e, grazie alla sua intraprendenza, riesce a entrare nella prestigiosa compagnia di danza Markos Tanz Company, capitanata da Madame Blanc (Tilda Swinton).

In breve tempo, guadagna un ruolo fondamentale, anche perché c’è chi scompare nel nulla, senza lasciare traccia apparente. Nel frattempo, un uomo anziano indaga su quanto sta accadendo all’interno della compagnia, mentre chi ne tesse la tela, si prepara a stravolgerne la costituzione.

 

Dakota Johnson

Suspiria (2018): Dakota Johnson

 

C’è chi vuole vincere facile e chi non ha paura di niente e di nessuno. Dopo il plauso internazionale riscontrato da Chiamami col tuo nome, Luca Guadagnino era - ed è - sulla cresta dell’onda, nelle condizioni ideali per cimentarsi con qualsiasi soggetto. Sicuramente, il regista nato a Palermo sarà in grado di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, intanto con Suspiria dimostra di essere seriamente intenzionato a sollecitare entrambi.

La sua revisione è quanto di più distante ci possa essere da una (ri)produzione industriale, risultato di un coagulo d’influenze che va ben oltre la matrice argentiana.

Parte da una condizione tangibile e indicizzata, sia storica sia personale, sceglie la pioggia e il grigiore come imperituro clima esterno e s’inabissa dentro le mura di un istituto, sciorinando scene horror sconvolgenti e un melodramma estetizzante, perfettamente sedimentato nella realtà raffigurata, con richiami iconografici che arrivano a ricordare anche Rainer Werner Fassbinder.

Proprio in questo impasto veemente, nel non voler esclusivamente spaventare ma anche raccontare e sorprendere, non racchiudere tutto in un semplice esemplare film horror, sollecitando i sensi con uno spartito polifonico, questa versione intercetta la sua ragion d’essere e giustifica pienamente una lunghezza monster.

Una conquista che avviene passando attraverso sei atti e un epilogo, con suggestioni portate sempre più vicino all’ossessione, fino a scatenare l’inferno e tenerlo vivo per un minutaggio record, promuovendo, senza perderne mai il controllo, un dispositivo multilayer, amando la manipolazione, raggruppando perfettamente tenebre, lacrime e sogni, con un’idea del male che ferisce in profondità.

Così, Suspiria raggruppa la bellezza della danza e l’orrore della frantumazione di ossa, con l’apoteosi riscontrabile in una scena che farà scuola, elaborata e scandita da un forsennato montaggio incrociato, scende negli inferi manifestando tutta la sua anima minacciosa, sorprende per come evolve, rifuggendo allineamenti di comodo, con rituali ancestrali e ipnotici, un tripudio di sangue e viscere.

Una processione che rielabora il male convergendo sulla Storia, tra inganni, congiure e intrighi, con Dakota Johnson che si butta alle spalle le varie sfumature del sesso e una Tilda Swinton semplicemente sensazionale, camaleontica quanto mai prima (vedere per credere), al completo servizio di un regista di cui si fida ciecamente, che aveva seguito in tempi non sospetti (Protagonists, Io sono l’amore, A bigger splash).

 

Tilda Swinton

Suspiria (2018): Tilda Swinton

 

Detto che l’accompagnamento sonoro composto da Thom Yorke è tremendamente seducente, ammaliante quanto un cantico di streghe, Suspiria assume i connotati da essenza rara, un ufo concettuale con effetti pratici, una gemma preziosa che incute timore e plasma l’horror prestando un’attenzione spasmodica alla forma, tra scenografie e coreografie ipnotiche, un’opera che scioglie gli ormeggi per navigare in mare aperto, pescando fattori noti per allontanarsi risolutamente dall’esposizione più confortevole e rassicurante.

Un delirio da alti palati con propensione alla sorpresa, anche a bocce ferme.

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