Regia di Luca Guadagnino vedi scheda film
"Va rigettato tutto ciò che è bello!": è all'incirca questo quello che declama Madame Blanc Swinton in un momento di Suspiria, l'ultimo capolavoro di Luca Guadagnino. E l'educazione che riceve la giovane Dakota Johnson sembra proprio essere quella all'incoerenza e alla disarmonia, il che è un apparente contradditorio, visto che si tratta di un collegio di danza. Ma comunque, danza contemporanea, espressione corporea e sofferta di uno stato di cose o di uno stato mentale.
Il film in sé è coreografato come il susseguirsi di più attacchi epilettici; una pellicola che è letteralmente "organica", respira carismatica e gigante e a volte singhiozza, conficcando negli occhi nello spettatore, come fossero spilli, inquietanti flash subliminali - si sente quasi il sangue scorrere nei propri bulbi oculari. Le musiche di Thom Yorke costellano l'universo del profilmico destando ulteriore instabilità percettiva, ma in realtà son sempre coerenti con il percorso di maturazione e crescita esoterica della protagonista, novello demone del neon pronto a rivendicare più controllo e sicurezza di quanto potremmo immaginare. Il mistero, nel Suspiria del Nuovo Millennio, non sta più nel mistero argentiano; è un mistero ancora più subdolo e psicotico, ancorato alle problematiche più oscure e insondabili della percezione del corpo nel contemporaneo. Suspiria in questo senso sembra l'esplosione delle sequenze più schizofreniche di A Bigger Splash, e di quest'ultimo altro grande film del 2015 si riprende proprio la natura parassitaria della vanità corporale, che incoraggia alla distruzione di sé e degli altri. In Suspiria sembra di masticare letteralmente le immagini, sembra di vederle in preda a un delirio cui seguono momenti di grottesca sobrietà. E' un film che porta alle strette artifizi cinematografici come il campo/controcampo e la dissolvenza incrociata per trasformarli in ferite penetranti e corrosive. Molti scarti di montaggio, combinati con il sound editing, sono letteralmente immersioni nel vuoto, come essersi tuffati dal ciglio di un precipizio. In altri momenti la composizione è meno sincopata e più lineare, ma si inerpica su strade imprevedibili che avviluppano i sensi e li stritolano prima che ce ne possa accorgere. Suspiria è un film in cui un'immagine deglutisce l'altra, strapazzando la drammaturgia fino alle fondamenta e liquefacendola.
Il fantasma della storia d'amore, nel film, è letteralmente un fantasma narrativo, dall'esistenza traballante e destinato a incenerirsi di fronte alla prepotenza mistica delle tre Madri argentiane, pronte a risucchiare il visibile nell'inconcepibile. E traballante è anche l'ambientazione storica, il setting, la superba scenografia. Suspiria è una seduta di ipnosi in cui siamo costretti a esplorare l'inconscio della nostra percezione per scoprire sentimenti nuovi, che non sono più l'angoscia o la commozione. Suspiria è oltre la paura.
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