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Tre vite e una sola morte

Regia di Raoul Ruiz vedi scheda film

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La recensione su Tre vite e una sola morte

di Peppe Comune
7 stelle

Il commesso viaggiatore Mateo Stano ritorna a casa dalla moglie Maria (Marisa Paredes) dopo vent'anni d'assenza. Per tutto il tempo ha vissuto in un appartamento poco lontano. Il professore di antropologia negativa all'università parigina della Sorbona Georges Vickers, lascia improvvisamente la cattedra per trasformarsi in un clochard. In questa veste incontra e s'innamora di Tania (Anna Galiena), una prostituta di "classe". Il maggiordomo Campanella diventa l'naspettato benefattore di Martin ((Melvil Poupaud) e Cècile (Chiara Mastroianni), due giovani innamorati che vivono di stenti in una piccola mansarda parigina. L'uomo d'affari Luc Allamand riceve da Mario (Jean-Yves Gautier), il suo fidato avvocato, la notizia che presto riceverà la visita di sua moglie e sua figlia. Il fatto strano è che lui non ha ne moglie e ne figlia, di essersele inventate. Loro sono il semplice frutto di un'invenzione che gli è spesso tornata utile nella gestione dei suoi affari poco leciti. Tutti è quattro i personaggi (interpretati da Marcello Mastroianni), "il commesso viaggiatore Mateo Strano, il professor Georges Vickers, il maggiordomo Campanella, l'uomo d'affari Luc Allemande ed un bambino di otto anni di nome Carlos Castano Campanile, moriranno il 30 agosto del 1999, nello stesso giorno e nella stessa ora perchè abitano tutti nello stesso corpo".

 

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Tre vite e una sola morte - Marcello Mastroianni

 

Così si chiude "Tre morte e una sola vita" di Raoul Ruiz, con un' affermazione che ha il sapore ludico di un intrigante enigma da rivelare, che induce lo spettatore a fargli scorrere nella mente l'intero film per appurarne il grado di effettiva plausibilità : per scorgere quei legami che possono effettivamente avvalorarla e per vedere se e come è possibile che un unica persona possa contemporaneamente essere partecipe di situazioni di vita tra loro molto diverse. Questo insieme di impressioni lo rende un film "cubista", dove ognuna delle parti che lo compongono vive di vita propria nonostante l'intima specularità che intimamente le lega l'un l'altra e dove tutte possono anche essere analizzate nella loro possibile complementarità data la voluta intenzione dell'autore cileno di analizzare una sola vita da diverse condizioni esistenziali. La cosa è fatta senza risultare pesante eccedendo troppo in gratuiti filosofemi ma intrecciando con la giusta dose d'ironia aspetti tipici della vita parigina (penso alla piccola mansarda come nido d'amore, al clochard simpatico, ai caffè come principali luoghi di conversazione) con accenni più spiccatamente culturali riferibili all'America latina, innestando, cioè, in un quadro di bonaria ordinarietà quotidiana riflessioni sulla vita e sulla morte di marcata matrice esoterica. Se ne ricava perciò un film dalla forte impronta letteraria e dall'animo spiccatamente sudamericano, dove la struttura "labirintica" che lo sorregge e l'aurea magica che lo percorre rimandano direttamente alla sua migliore tradizione letteraria, a Borges soprattutto, ma anche al Gabriel Garcia Marquez di "Occhi di cane azzurro". Un film di nitida raffinatezza, elegante nel suo insieme composito e dall'ampio respiro culturale, con una schiera di ottimi attori a reggerne le sorti e un eccellente Marcello Mastroianni (in una delle sue ultimissime interpretazioni) a renderlo un opera inopinatamente misconosciuta.            

 

 

 

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