Regia di Robin Hardy vedi scheda film
Non ci sono molti motivi che spingerebbero al (difficile) recupero di “The Fantasist”, se non la curiosità di assistere al secondo (e ultimo) lavoro ufficiale dell’autore di quel classico intitolato “The Wicker Man”. E forse Robin Hardy, che nella sua vita artistica si è concentrato pure sulla recitazione e sulla sceneggiatura televisiva del programma di corti "Esso World Theatre" (in cui, oltretutto, hanno partecipato figure di spicco come Satyajit Ray), nonché sull’attività di romanziere, effettivamente poteva anche non essere interessato a prolungare la carriera registica, cimentandosi di più in altri ambiti. Però l’amarezza (dovuta al fatto che nel mezzo secolo tra ““The Wicker Man” e la dipartita non gli abbiano affibbiato nemmeno un b-movie horror discreto da dirigere) rimane. Perché la stalker-story di “The Fantasist” è piuttosto noiosetta e incomprensibile, nonostante abbia degli spunti mystery atipici (e magari espandibili). C’è una giovane donna irlandese, Patricia (Moira Sinise), che viene tormentata dalle chiamate di un killer voyeuristico. Nonostante sia consapevole del pericolo comincia a flirtare con delle persone un po’ ambigue (tra cui Danny Sullivan, ossia un irriconoscibile Timothy Bottoms). Questo comportamento imprudente sembra portarla direttamente fra le braccia dell’arcano assassino, ma il risvolto conclusivo sarà imprevedibile. Nel frattempo si alternano dialoghi caricati (e inverosimili, quale la conversazione misteriosa di Danny al telefono), atti sulle righe, e parecchio materiale riempitivo (la traccia del plot che descrive la coinquilina è totalmente inutile). Rimangono degli elementi inusuali, che rendono il lungometraggio praticamente unico: la tragicomica esplosione di rabbia nella cena assieme ai parenti o il tipo che, durante un’uscita apparentemente galante, si mette a fare i gargarismi in modo inaspettato. Si tratta di pezzi buffi e impensabili in un thriller, che comunque rimangono ancorati alla loro stranezza. Anche certi topoi che si rifanno a “The Wicker Man”, quali i suoni ossessionanti, la stravaganza di fondo e l’eros represso, sembrerebbero stimolanti, sebbene qui non abbiano mai uno sviluppo (chiaro). Particolare, in ogni caso, la performance della Sinise, la quale ha dei marcati lineamenti del viso che possono trasformarsi in un batter di ciglia dalla gioia allo spavento tramite un rifrangimento muscolare minimo. “The Fantasist”, ciò nondimeno, è deludente, ragion per cui non rimane che apprezzare il buon Hardy nei suoi drammi e documentari da piccolo schermo (quelli della compagnia “Hardy Shaffer Ferguson Avery”), qualora si abbia la fortuna di trovarli.
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