Fiction Rai in tre puntate che racconta la storia di una ragazzina con un rapporto complicato con i genitori, che finisce nel tunnel dell'anoressia.
Tre ore pressochè tonde di durata complessiva, tre puntate da un'ora ciascuna: Mia figlia, anche alla luce di una storia non particolarmente arzigogolata, costituisce un bel mattoncino da digerire per il pubblico; la faccenda poi si complica per via dei contenuti, drammatici e a dirla tutta persino avanti con i tempi. Parlare di anoressia nel 1982 era infatti tutt'altro che scontato e farlo con un film che per giunta indaga sul malessere interrelazionale in una famiglia apparentemente normale, comune insomma, richiede una buona dose di coraggio. Dote che non manca al regista Gianni Bongioanni, anche sceneggiatore insieme alla protagonista Carlotta Wittig, partendo dal romanzo Analisi in famiglia di Maria Marcone; Bongioanni girò infatti in quegli anni svariate fiction per la Rai su tematiche sociali scottanti e complicate da trattare senza eccessi di retorica. Tali eccessi purtroppo qui di tanto in tanto sfuggono agli scrittori e il film ne risente, naturalmente, appesantendosi ulteriormente; forse l'idea di partenza, così carica di significati, avrebbe meritato un trattamento più snello, più diretto e meno dispersivo. Altri elementi nel cast: Alfio Petrini, Gianluca Vetuschi, Cristina Ventura e Regina Bianchi, oltre a due nomi abbastanza sorprendenti, impiegati in ruoli rilevanti: il futuro produttore di successo Pietro Valsecchi e il comico Francesco Salvi, all'epoca però ancora immaturo per interpretare un personaggio drammatico. Il regista si occupa anche della fotografia: tutto sufficientemente curato. 3,5/10.
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