Regia di Álex de la Iglesia vedi scheda film
Álex de la Iglesia prende il riuscitissimo film di Paolo Genovese scritto da Massimiliano Bruno, dove per l’occasione si era riunita una rappresentanza dei migliori attori del cinema italiano – Giallini, Mastandrea, Leo, Battiston, Smutniak, Rohrwacher, Foglietta – e lo riadatta quasi identicamente, tema per tema, argomento per argomento, essendo la Spagna di oggi un paese in chiaro assetto europeo, con le stesse tare sociali e culturali di Francia, Italia, Germania, etc.., dove però, fortunatamente sopravvive ancora qualche slancio politico, artistico e culturale erede del fervore postfranchista. Nonostante questa rosea premessa, va detto che purtroppo Perfectos desconocidos è il meno iglesiano dei film del regista culto bilbaíno, quindi anche il meno pungente, il meno viperino, il meno cattivista. L’aderenza all’originale italiano è al limite della filologia e si allenta solo quando de la Iglesia, uno dei migliori registi del contemporaneo, infarcisce il realismo puro di matrice italiana con inserti magici, insoliti, che tendono al fantastico, come tradizione culturale spagnola vuole. Non c’è purtroppo nessun gioco al massacro, nessuna caratterizzazione esperpentica, nessuna esasperazione né performativa né linguistica, in più, il regista sceglie di chiudere il film con un espediente narrativo che tarda ad essere purgato dalla scrittura cinematografica, tanto è indigesto e offensivo, edulcorando così una storia che Genovese aveva saputo rendere amara e cattiva come i Monicelli di una volta. Forse queste storie, sono nostre e soltanto nostre.
Resta comunque un buon film, di più che piacevole visione, anche grazie al reparto attori che annovera Belén Rueda, una Juana Acosta che ricorda la Victoria Abril della Transición, un Eduardo Noriega in ottima forma, l’immenso Pepón Nieto, il migliore in campo, ed Eduard Fernández, che non riesce ad eguagliare la grandezza di Giallini, nonostante sia pure lui un pezzo da novanta del cinema spagnolo.
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