Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Una compagnia di guitti è invitata in Perù dal gestore di un teatro malandato. Camilla (sulla scena Colombina) conquista il viceré e il torero, mentre il cavaliere che l'ha seguita dall'Europa è conquistato dal mondo degli indios; ma nulla è motivato. Camilla ottiene dal viceré la carrozza d'oro, oggetto di gelosie di corte, ma subito dopo la dona al vescovo per salvare il viceré che dandola a lei rischiava di esser deposto. Anche qui, manca la motivazione dei desideri, e gli sforzi per realizzarli ottengono i risultati opposti: il regista della vita è più goffo di quelli teatrali, i personaggi che vi recitano più meccanici; lo stile del film si ispira a quello della commedia dell'arte che ne è protagonista, in cui ogni maschera ha già un canovaccio prestabilito: appunto, come nella vita. La citazione è più coerente a Renoir che quella della tragedia suggerita da Toni; forse il valore dei suoi film è opposto a quello di solito indicato, e Toni è fra i meno riusciti. Più esplicito che mai il senso di Renoir, che la vita è un teatro, retto dal caso. La storia si chiude su un altro sipario, che traduce la vita in spettacolo teatrale e questo in vera vita degli attori. Vissuto in interni, con le finestre chiuse; se sono aperte è di notte e non si vede nulla, ma tutto è solo descritto come a teatro; gli esterni sono scenografie da teatro, che diventano esplicite nel finale sul palazzo reale che si "trasforma" in palcoscenico.
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