Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Nato come soggetto, preso a sua volta dal lavoro di Merimée, da un bel gruppetto di autori compreso Renoir, qui in trasferta italiana, non ebbe il successo previsto per una diffidenza forte di accademismo, sia da parte del pubblico che della critica, questa in particolar modo dalla parte del torto che sconfessò le qualità del grande regista imbarcandosi in una polemica senza storia. Con il tempo tutto è stato dimenticato e sfido chiunque, oggi, ad annoiarsi nel vedere questa opera, che ebbe il coraggio di sostenere una Magnani, che sulla carta sembrava distante dalla fisicità del personaggio, e che invece si presta in maniera lodevole per permettere al suo personaggio di essere trainato dalla poesia al colore della quotidianità, fino a ritornare ad una poesia intensa , melanconica e missionaria. La rappresentazione della commedia dell’arte è davvero notevole, con bei colori e concetti basilare espressi in maniera non eccessivamente teatrale.
Bellissimo il finale della scelta dell’attrice che rinuncia alla vita quotidiana per la sua missione nel teatro, con lo sguardo infinito della Magnani in piena sintonia con al regia di Renoir.
Una compagnia italiana scalcagnata si trasferisce nell’America del sud per poter rappresentare il proprio repertorio, qui la prima donna fa innamorare di sé tre persone diverse, fra cui il vicere, che le regala una Carrozza D’Oro.
Spadaro è il capocomico della compagnia, perfetto in questo ruolo per il simpatico attore cantante toscano.
L’innamorato che farà di tutto per avere l’amore di Camilla
Duncan, il vicere, personaggio anche ironico e ben riuscito.
Davvero perfetta,supera ogni convenienza fisica per farci rimanere incantati, qui dimostra anche che il ruolo di attrice poteva superare certe barriere attribuitele
Renoir continuerà la sua carriera, ma diciamo che questo film rappresenta il suo vero saluto al grande cinema, perché di grande cinema si tratta.
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