Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Per Francois Truffaut "La carrozza d'oro" era "il più nobile e il più raffinato film mai realizzato". Si tratta di una "fantasia all'italiana" girata da Jean Renoir a Cinecittà, con cui il grande regista francese fa un elogio appassionato al Teatro, alla creazione artistica che si realizza sulle tavole del palcoscenico, arrivando a sostenere che la vita reale sia un'estensione di quella creazione, solo meno perfetta e più esposta al dolore e alle miserie tipiche degli uomini. Dunque un film che si pone come riflessione matura sui rapporti fra Arte e Realtà, ispirato a un atto unico di Prosper Merimee "La carrozza del Santissimo Sacramento", in cui Renoir riesce ad operare una delle sintesi più affascinanti del proprio mondo poetico e uno dei suoi ultimi film veramente importanti, nonostante una trama che alcuni hanno percepito come artificiale e personaggi che risultano molto vicini a degli archetipi. La sintesi si realizza principalmente ad un livello plastico-figurativo, con una fotografia di Claude Renoir dalle ascendenze pittoriche che gioca in maniera geniale sul ricercato barocchismo dell'inquadratura e su tonalità generalmente sature, che vanno ad unirsi alle scenografie e ai costumi creando un mondo di puro artificio, decisamente l'opposto del Neorealismo che allora era già agli sgoccioli. Proprio in virtù di questo barocchismo ed irrealismo voluto mi sembra funzionare benissimo la Magnani, che con Camilla costruisce uno dei suoi personaggi più iconici, per quanto poco ricordato nel nostro Paese. L'attrice offre una di quelle performance "larger than Life" dove passano in secondo piano la mancata aderenza ad un'ideale di bellezza di cui pure il personaggio necessiterebbe, e contano il carisma recitativo, la potenza espressiva che regge magnificamente i primi piani, la bravura nell'inserirsi in una prospettiva più ampia tracciata dal regista. Nessuno degli altri attori dell'eterogeneo cast sfoggia un temperamento paragonabile al suo, ma si apprezza comunque almeno l'interpretazione dell'inglese Duncan Lamont nella parte del Vice Re e quella di Odoardo Spadaro come capocomico della scalcinata compagnia. Dunque un film che ancora oggi strappa l'applauso per tante ragioni e che giustifica l'entusiasmo di critici e registi francesi come Truffaut, Rohmer, Jean Marie Straub ecc., un film che in Italia fu un mezzo fiasco e che non è mai stato ripreso con tale interesse, che però rappresenta una compiuta riflessione sul gioco di specchi fra finzione e realtà e sulla possibilità di trovare un compendio armonioso proprio nel Cinema, arte della modernità per eccellenza.
Voto 9/10
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