Regia di Philippe Lacheau vedi scheda film
Ennesima commedia francese campione d'incassi che sbarca in Italia, Alibi.com parte da un assunto non certo originale (l'idea di una società che fornisce falsi alibi ad adulteri e individui in genere in fuga da gabbie familiari era già alla base di un trascurabile filmetto americano del 2006, The Alibi appunto) per srotolare il solito colorito tappeto dalle trame sollazzevoli e toni buffoneschi.
Peccato che la grana sia (molto) grossa. E grossolana.
Non si sfugge dal consueto impasticciato pastiche romantico-comico, costruito con materiali di risulta che riciclano giochi degli equivoci e girotondi delle coincidenze (impossibili, e a getto continuo), sarabande sentimentali e battutistica triviale, innocuità trasversale e trasgressione (soltanto) di facciata.
E così, tra gag viste e straviste – lui nudo condito di vibratore che apre la porta alla mamma di lei, l'amico di famiglia che si masturba su una foto, le conseguenze da hangover "per caso", le scenette con la moglie e l'amante nello stesso albergo, le sfighe assortite dei comprimari (uno affetto da narcolessia, l'altro da gelosia), le svolte buoniste –, persino il tanto in voga recupero nostalgico degli anni ottanta (canzoni e riferimenti come piovesse, Jean-Claude Van Damme come idolo assoluto del protagonista) è un'ideuzza pensata male e spacciata peggio.
Non basta il classico innesco – il titolare della società che s'innamora di una “giurista” che, manco a dirlo, odia i bugiardi – a fare una commedia brillante; non se lo sviluppo narrativo è una concatenazione moscia e risibile di eventi farseschi, non, tanto meno, se il côté umoristico è un calderone sgradevole nel quale sono mescolati soluzioni di bassa lega e ingredienti facili facili oltre che di “attualità” (il collega di origine magrebina che finisce per essere scambiato per profugo, la convention di supereroi, la banda di zingari pasticcioni e pericolosi, l'amante che cerca di sfondare nel mondo della musica a suon di pezzi e video volgari e stupidi).
Evidente lo scimmiottamento dei fratelli Farrelly (dal cane vittima di sciagure ai genitali oggetto di incidenti dolorosi … ma Tutti pazzi per Mary è proprio un'altra galassia, suvvia), evidente il fatto che il citazionismo sfrenato (la sfida a colpi di spada laser, la prospettiva alla Assassin's Creed, i personaggi Marvel) serva a – tentare di – celare una pochezza inequivocabile.
Si ride al massimo in un paio di occasioni (a spararne tante …) – una miseria –, mentre il fiume di bugie fa il suo corso verso il prevedibile casino che precede il finale (casinista) e s'assiste impotenti a un inseguimento in auto “fastandfuriousano” messo lì tanto per sparigliare carte e alzare il volume.
Tra personaggi trattati malamente (come da copione, d'altronde) e un anonimo protagonista simpatico quanto un barboncino attaccato ai testicoli, la sola luce – per mere ragioni estetiche – è data dalla presenza di Elodie Fontan (già apprezzata nel gradevole Non sposate le mie figlie!), bambolina dolce e sexy che forse avrebbe bisogno di un buon alibi per giustificare la sua partecipazione in prodotti come questi.
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