Regia di Woody Allen vedi scheda film
Sandy Bates, conclamato regista e attore di film comici, sta attraversando un periodo di crisi, e la produzione proprio non riesce a digerire il finale di un suo ultimo film, in cui un gruppo di persone (il pubblico) è costretto in un treno ad essere tradotto in un desolato cimitero di rifiuti. Sandy dovrà dunque passare un fine settimana a confrontarsi con il pubblico e critici di ogni risma. Ma qui è anche il pretesto per entrare nel mondo personale di Sand.
Si apre così un coacervo di confessioni che saltellano tra il drammatico, l’ironico e il grottesco, attraversato da scene visionarie e oniriche con stile espressionista, un cascame di polvere di stelle che dovrebbero restituirci la crisi esistenziale del regista e attore comico: il suo legame materno irrisolto, una comicità che lo ha etichettato da cui vorrebbe liberarsi, il narcisismo che non gli lascia tregua così come il suo pubblico, il terrore della morte e il senso dell’esistenza che sembra annientarsi di fronte al nulla; ma anche il desiderio di un giudizio divino, quand’anche fosse un extraterrestre o un alieno, e al centro i tre grandi amori, che rappresentano, in un sapiente mescolamento di tempi e di spazi, il passato, il presente e il sogno, che a sua volta rivitalizza l’amore del passato e del presente, che a sua volta rinnova la soluzione di un film che è stato discusso dalla produzione per il suo finale pessimista, che così si conclude con il lieto fine di un treno non più di “deportati”, come all’inizio, ma di innamorati, lasciando gli spettatori rappacificati come sempre.
Un film nel film, una rappresentazione nella rappresentazione, la quale, invece, si conclude con la sala vuota, un telone bianco e il regista attore; perché quel che resta è pur sempre l’esistenza con i suoi inevasi interrogativi, che la rappresentazione può sublimare o addirittura, in casi peggiori, falsificare, ma che restano anche come ritorno di un incasso al di sotto dei costi di produzione, dunque come uno scarto e un peso, un male congenito con cui bisogna convivere ("la vita è cancerogena"), a condizione che si possa vivere in un’illimitata e onesta democrazia, quand’anche fosse solo quella americana… E’ senz’altro un’opera da rivedere, forse quasi incomprensibile nel 1980, per la sua carica imitatoria dichiarata e di critica urticante ai mass media e all’idolatria, peraltro parossisticamente idolatrata... Opera coerente nelle sue contraddizioni, espressivamente liberatoria e di conseguenza mal digerita in quegli anni di riflusso...
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