Regia di Joel Coen vedi scheda film
”Noir vestito di bianco”(Sal Paradise) questo Fargo (viste le candide scenografie); comunque un noir da antologia (supadany), ma anche commedia nera (praticamente, un manifesto del genere, a mio avviso), thriller, film grottesco, drammatico e chi più ne ha più ne metta. Dunque, il tipico connubio di generi cui i cineasti di Minneapolis sono tanto affezionati. Questo è, d’altronde, il loro modo di smuovere il terreno di certezze sul quale tutti (però) poggiamo; così loro denunciano la totale perdita di valori (a tutti i livelli) della nostra società, il suo disfacimento morale. Ad un cinismo brutale e disumano, infatti, se ne contrappone un altro meno visibile, ma altrettanto agghiacciante. L’orrore entra di prepotenza “nel dolce fluire delle cose quotidiane”(Peppe Comune) eppure non ne devia minimamente il corso. E’ la cinica apatia dell’era moderna (da brividi la smorta indifferenza del marito di Marge) a prendere il sopravvento (tant’è che il macabro uso distorto di un tritalegna finisce, paradossalmente, per passare in secondo piano).
E questo - al di là di qualche imbarazzata smorfia di sorriso (che il film inevitabilmente suscita) - è davvero preoccupante (a nulla valendo la rettifica finale, nei titoli di coda, in ordine al carattere squisitamente fittizio delle vicende narrate, contrariamente a quanto inizialmente annunciato).
Inutile dire che se ne consiglia la visione (visto l’argomento e, soprattutto, il modo in cui è trattato) solo agli estimatori del cinema dei Coen (nei quali, però, io fatico a riconoscermi).
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