Regia di Sebastiano Riso vedi scheda film
Un pensiero veloce sull'ultimo film di Sebastiano Riso.
Non siamo più abituati all'idea che certi soggetti possano essere trattati in maniera onesta senza che se ne traggano melensaggini e ricatti emotivi, tanto che anche di fronte a un film come Una famiglia, più crudo che patetico, il primo pensiero è che Riso stia esagerando. Ma nel suo film non ci sono che disperazioni, non esistono personaggi positivi, non esistono situazioni tirate per i capelli, non esistono speranze. Qualsiasi sentimento potenzialmente positivo (l'amore della protagonista) è costretto ad essere castrato sul nascere, anche se cerca di afferrare tutto ciò che può (i dettagli ricorrenti delle dita delle Ramazzoti, e delle unghie). Pur non potendo fare paragoni in termini di valenza filmica, Una famiglia è più associabile a Primo amore di Garrone, ancor prima che a qualsiasi fiction Rai. E tenta (al prezzo dell'ammiccamento) di uscire da certe dinamiche del cinema italiano "impegnato", arrivando qui addirittura a citare Reygadas e il suo Battaglia nel cielo. Alla cinepresa costantemente in movimento piace sobbalzare da un volto all'altro, ma sembra anche timorosa, attenta, pudica. Senza l'inutile commento musicale, Una famiglia poteva vantare ancora maggiore coraggio.
Per quanto si stanzi nella medietà generale, il film di Riso cerca di azzannare le aspettative dello spettatore presentando senza spiegoni i due protagonisti e gettando lo spettatore stesso letteralmente, con un iniziale movimento di camera, in medias res. Un film col coraggio di non trattare bene lo spettatore, e di non provvedere ad improbabili evoluzioni caratteriali: i personaggi sono tutti malati ed esagerati, e rimarrano tali fino alla fine, finché l'incubo non si reitererà.
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