Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
Trasporre un romanzo come questo per il cinema fu per i due registi un compito davvero improbo reso possibile dalla loro cultura profonda nonché dalla “colta” interpretazione di tutti gli attori che avevano saputo renderne umanamente credibili i complessi e difficilissimi personaggi.
La trasposizione cinematografica di uno dei romanzi più impegnativi della letteratura europea, fra classicismo e romanticismo, benché abbia richiesto a Paolo e Vittorio Taviani alcuni tagli spericolati, nonché il sacrificio di non pochi personaggi importanti dell’opera famosa, si è secondo me rivelata una operazione riuscita. L’impresa era molto difficile, ciò di cui bisogna tener conto nella valutazione complessiva dell’opera.
I due registi, infatti, hanno saputo restituirci, nel linguaggio del cinema, un romanzo molto letterario e filosofico, nel quadro naturale del paesaggio toscano, ambiente assai diverso da quello tedesco che è più scuro e contrastato, percorso da piogge frequenti e illuminato da bagliori improvvisi.
Il titolo, che rimane quello del romanzo, ci riporta all’interesse presente in Goethe per la cultura scientifica del suo tempo e alla convinzione che i rapporti d’amore che portano al formarsi della coppia non sfuggano alle leggi naturali dell’affinità chimica fra gli elementi composti, instabili per natura, e con tendenza a scindersi negli elementi primari, destinati a legarsi inevitabilmente con altri elementi da cui sono irresistibilmente e fatalmente attratti.
Un determinismo ineluttabile perciò percorre la vicenda di Edoardo (Jean-Hugues Anglade) e Carlotta (Isabelle Huppert) diventati marito e moglie dopo che, essendosi amati in gioventù, avevano separato le loro strade per ritrovarsi casualmente, non più giovanissimi, entrambi vedovi dei precedenti matrimoni. Diversi nel carattere e nelle aspirazioni, Carlotta ed Edoardo ora vivevano grazie alle rendite dei terreni di lui, presso i quali, in un grande cascinale di campagna, avevano stabilito la propria abitazione. Ai progetti di Carlotta, razionalista e intenzionata a migliorare la qualità delle coltivazioni, Edoardo prestava un ascolto distratto, più interessato a promuovere una rete di rapporti d’amicizia nei quali l’amore reciproco si sarebbe arricchito e consolidato. L’arrivo di Ottone,l’architetto (Fabrizio Bentivoglio), fortemente voluto da Edoardo, e, di lì a poco, quello di Ottilia (Marie Gillain), la giovane e graziosa figlioccia di Carlotta, avrebbe destabilizzato, invece, il loro precario equilibrio di coppia. Da questo momento il film, percorrendo rapidamente le vicende del romanzo e seguendo l’allentarsi del legame dei due sposi, descrive il nascere dell’amore che, per affinità elettiva, avrebbe legato profondamente Edoardo e Ottilia, nonché Ottone e Carlotta, di cui, presto si sarebbe visto il frutto-monstre, poiché da quello strano incrociarsi delle passioni e del sentire sarebbe nato il figlio di Carlotta e di Edoardo, che nei capelli e nel volto avrebbe avuto le sembianze di Ottone e di Ottilia, gli amanti desiderati.
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