Regia di Joe Wright vedi scheda film
L’eterno sigarone fra le labbra, il bicchierozzo di whisky quasi sempre a portata di mano in una sorta di alcolismo controllato e quasi indispensabile, come se lo scotch fosse il carburante che gli garantisce un flusso ininterrotto di idee in alcuni casi geniali e decisive per le sorti di un Paese, se non del mondo intero. Il Winston Churchill de L’ora più buia – interpretato con maestria da un Gary Oldman in grande spolvero (a lui per questa parte l’Oscar come miglior attore protagonista nel 2018) seppur limitato nella sua comprovata abilità espressiva da un trucco preponderante (altro Oscar) - è un individuo costantemente in lotta fra la ‘bestia burbera’ che scalpita dentro di lui e il monumentale uomo di Stato (nonché premio Nobel per la letteratura nel 1953 e molte altre cose ancora) che si trovò a gestire e governare alcune fra le circostanze più drammatiche che hanno caratterizzato la storia della Gran Bretagna.
Il regista londinese Joseph ‘Joe’ Wright (Espiazione, nel 2007 e alcuni altri discreti lungometraggi) ha fatto centro pieno con questo film storico tratto dalla solida sceneggiatura di Anthony McCarten (suo anche lo script del riuscito I due papi, 2019). L’interpretazione dell’indimenticato Dracula di Bram Stoker (Coppola, 1992) regala allo spettatore una personificazione assai credibile del talentuoso esponente politico conservatore, a tratti un po’ troppo caricaturale ma nel complesso sempre funzionale alla struttura narrativa e allo scorrere della vicenda filmica. Restano impressi, fra altri, i momenti dei vis à vis fra Churchill e re Giorgio VI (l'affidabile caratterista australiano Ben Mendelsohn), molto importanti per chiarire quanto la definizione dell’empatia fra i due personaggi, si rivelò provvidenziale per le sorti del secondo conflitto mondiale e non solo.
Sempre brava e misurata Kristin Scott Thomas (nell'apprezzato The Party, 2017) nei panni di Clementine Churchill, la fedele e forte moglie, quasi una regina suggeritrice a disposizione di un ‘sovrano’ sì valoroso ma spesso ingovernabile nei suoi eccessi di proterva determinazione e competenza.
Su tutti incombe l’ora più buia, quella del grande dilemma: decidere per il tentativo di addomesticare la tigre nazista, come suggerito con decisione dagli avversari politici del primo ministro, oppure di provare a ucciderla, quella belva, seppur rischiando di perire in una guerra devastante. Cosa Churchill decise, sta scritto nella grande storia: “Non si può ragionare con una tigre, quando la tua testa è nella sua bocca”, urla un vigoroso Gary Oldman durante un aspro confronto fra Churchill e i suoi oppositori, seppur compagni di partito.
Sceneggiatura e regia convincono anche con l’affresco della drammatica evacuazione via mare di Dunkerque (4 giugno 1940), quando quasi mezzo milione di soldati delle truppe alleate fu salvato dalla morte o dalla cattura da parte dei tedeschi grazie a una gigantesca flotta di pescherecci e barche e barconi di privati cittadini (ottima la fotografia di Bruno Delbonnel) che risposero all’appello e al piano del governo britannico (si veda il riuscito Dunkirk, 2017, di Christopher Nolan). Insomma, L’ora più buia, pur non raggiungendo l’acme del capolavoro, ci va molto vicino. Voto 9.
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